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Comune: Fermate la repressione di Abahlali

http://comune-info.net/2013/10/baraccati/

Fermate la repressione di Abahlali

La morte di Nqobile Nzuza, uccisa il 30 settembre dalla polizia di Durban, e l’arresto di Bandile Mdlalose, ha provocato un’ondata di proteste in tutto il Sud Africa e in diverse città del mondo. Nqobile aveva diciassette anni, prima di lei altre due persone del movimento dei baraccati Abahlali baseMjondolo sono state uccise negli ultimi mesi nelle periferie di Durban. Una lettera aperta di Noam Chomsky, John Holloway, Slavoj Zizek, Silvia Federici, Raj Patel e altri denuncia a livello internazionale le violenze contro uno dei più straordinari movimenti sociali del mondo, “violenze che includono l’assassinio, la tortura, la sfratto dalle proprie case, l’arresto”. La lettera chiede di fermare subito il massacro e la liberazione immediata di Bandile Mdlalose. Abahlali ha proposto a Comune-info e ad alcune persone da sempre vicine alle lotte del movimento Abahlali di rilanciare questa denuncia in Italia: è possibile firmare la lettera in fondo nello spazio “commenti”. Per favore, fatela rimbalzare in rete

a cura di Filippo Mondini e Gianluca Carmosino

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Campagna “I Mondiali al contrario”: da Johannesburg a Rosarno, i movimenti di difesa delle comunità più deboli in dialogo

http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=406275

Campagna “I Mondiali al contrario”: da Johannesburg a Rosarno, i movimenti di difesa delle comunità più deboli in dialogo

“La dignità di uno Stato non si misura sulla capacità di organizzare un evento sportivo. Dovremmo essere felici di ospitare i Mondiali di calcio ma non lo siamo. Chiediamo invece acqua, elettricità, una casa e la possibilità di partecipare alla vita politica del Sudafrica”. Così si esprime un leader del movimento Abahlali baseMjondolo, che reclama i diritti di base per le popolazioni delle baraccopoli sudafricane. In Italia e in Europa l’appello è giunto grazie all’iniziativa “I Mondiali al contrario”, una forma di dialogo tra i movimenti di base dei diversi continenti, come spiega al microfono di Silvia Koch, Filippo Mondini, missionario comboniano di Castelvolturno che ha curato la campagna: audio

Canale TV Rainews 24: Mondiali al contrario

here to watch this video at the Canale TV Rainews 24 website (it is in Italiano and English).

We are all agreed that there is a serious crisis in our country. The poor are being pushed out of any meaningful access to citizenship. We are becoming poorer. We are being forced off our land and out of our cities. The councillor system has become a form of top down political control. It does not take our voices upwards. The democracy that we won in 1994 is turning into a system of oppression for the poor.

The World Cup in South Africa doesn’t mean anything to the poor people. That is so unfortunate for us poor people because we are not going to benefit anything out of it. We as a movement believe that the construction of the stadiums was at the cost of the poor people. Because we feel that the government decided to make preparations for the World Cup instead of building us the houses that we were promised since 1994. No we feel betrayed because we have realised that the funds are available to build these houses but we feel that we are being sidelined. The World Cup is a great event for African and South Africa. We are supposed to be happy but we are not. How can we be happy to go and watch the people playing for the World Cup and yet when the games are over we go back to the very same shacks where there is no food, no water, no electricity.

Well Abahlali in South Africa, I can safely say that they are the only movement that addresses the problems of the poor people, the social problems of the poor people. Abahlali movement is the movement that amplifies the voice of the voiceless. Because if you say something as a poor person no one is prepared to listen to you. But as a collective, as a movement, we have managed to get some of the attention.

We also work with churches like the Diakonia and the DDC and, yes, other NGOs. But the NGOs that are, in particular, working towards developing the culture of a bottom up approach. Because as an organisation we refuse for some other people to take decisions for us. The movement is controlled by the people and we want it to remain so.

Unfortunately the government regards Abahlali baseMjondolo as a threat to the state security. But I wish to put this message across. That Abahlali baseMjondolo is only a social movement. It will never be a threat to the government, it will never be a threat to the state security. We are only seeking for justice, social justice in our communities. We believe that the government that is in power now is our government. We voted them into power. So we feel that it will be stupid for the South African community to break the very same government that we have put into power. We are seeking for social justice in the community. We want the government to work for the people, not to decide for the people.

If you look at the amount of monies that have been spent a lot of houses could have been built, a lot of basic services could have been delivered to the poor people during the period from 1994 up until 2009. As a member of Abahlali we stand deep rooted to our decisions. We won’t be going to the stadiums as an organisation Abahlali.

But we know that the security is tight in South Africa. We are the responsible leaders of the movement. We do not want to risk causalities. But we are busy deciding on some other means to demonstrate peacefully that we are not happy about the World Cup.

– Thembani Ngongoma, Canale TV Rainews 24

Interview with Abahlali baseMjondolo on Radio Popolare in Milano

http://mir.it/servizi/radiopopolare/blogs/jalla/?p=1789

Click here to listen to this interview).

Tra quindici giorni cominciano i mondiali di calcio, che per la prima volta si svolgeranno nel continente africano. Il via l’11 Giugno. Una grande occasione di condivisione per tutto il continente, che incrocia anche progetti di cooperazione attraverso il calcio. Come allargare a tutti i cittadini africani, anche i più poveri ed emarginati, la bellezza di questo evento? Tutte le contraddizioni dell’organizzazione Fifa e le proposte che passano attraverso le Ong nelle parole di Michele Papagna per Altrimondiali, e di Filippo Mondini (padre comboniano) e Tj (dell’asscociazione sudafricana Abahlali BaseMjondolo’) in questi giorni in Italia per la campagna Mondiali al Contrario.

Si chiama Ultimanente ed è il nuovo lavoro di Sud Sound System. In studio con noi Don Rico, Nando Popu e Terron Fabio. Un lavoro in cui il reggae salentino del gruppo si avvicina all’Africa e non abbandona le forti connotazioni sociali che ne caratterizzano le liriche.

Ipolitiki ePhilayo

http://clandestino.carta.org/category/mondiali/

http://clandestino.carta.org/2010/03/11/i-politiky-ephiayo/

Filippo Mondini

La chiamano «politica della vita»: è la democrazia del più grande movimento sociale del Sudafrica, quello dei baraccati. Che lotta contro le spese per i mondiali [Carta 39/06]

Il Comito organizzatore assicura che rispetterà le richieste della Fifa, la Federazione internazionale di calcio, che vorrebbe la conclusione dei lavori entro un anno e mezzo. Due stadi, costi quel che costi, saranno già pronti per la Confederation Cup del 2008. Secondo gli organizzatori del campionato del mondo di calcio in Sudafrica nel 2010, non ci sono problemi grazie ai quasi mille milioni di euro stanziati per la costruzione di nuovi stadi e la ristrutturazione di quelli esistenti. Il presidente Thabo Mbeki ripete ovunque di avere il pieno controllo della situazione e garantisce che la Coppa del mondo sarà memorabile. Anche Joseph Blatter, presidente della Fifa, continua a viaggiare in Sudafrica e si dice ottimista, così come gli sponsor della Federcalcio sudafricana cioè Adidas, Coca cola e soprattutto Vodacom, del gruppo Vodafone, molto attivo anche in altri sport sudafricani. Anche perchè il Sudafrica è da anni il teatro preferito per girare gli spot pubblicitari dell’azienda sempre più ota per le sue «esternalizzazioni».

Ma secondo quanto riferiscono alcune agenzie, nelle ultime settimane i prezzi per la costruzione di cinque impianti sportivi e per la messa a punto degli altri quattro sarebbero lievitati ben oltre il budget di più di 900 milioni di euro messo a disposizione dal Tesoro. Il record, nel rialzo dei prezzi, va al nuovo Green Point Stadium di Città del Capo, i cui costi sarebbero cresciuti del 54 per cento rispetto ai preventivi iniziali. Seguono lo stadio Nelson Mandela di Port Elizabeth [più 19,5 percento] e il King Senzangakhona di Durban [18 per cento]. Sovrapprezzi che ammontano al momento a 214 milioni di euro, imputati principalmente alle imprese che si sono aggiudicate gli appalti, le quali si giustificano con la mancanza di manodopera qualificata, l’inflazione e l’aumento dei prezzi per i materiali. Intanto il tempo passa, i lavori non proseguono come stabilito, e aumentano le proteste.

Il paese sarebbe così a corto di fondi che avrebbe anche deciso di spostare le risorse inizialmente previste per due nuovi ospedali nel distretto di Northern Cape ai finanziamenti per il mondiale di calcio. Del resto, che i soldi siano pochi lo sanno bene anche i dipendenti del settore pubblico, che tra maggio e giugno 2007 hanno promosso uno sciopero generale a oltranza, durato quattro settimane, per chiedere un aumento del salario minimo e per altre rivendicazioni contrattuali.

Ma più dei malati e dei dipendenti pubblici, sono sicuramente i baraccati le principali vittime del mondiale, dal momento che numerose amministrazioni comunali del paese hanno deciso di sfruttare questo evento per organizzare sfratti e «ripulire» le città. Obed Mlaba, il sindaco di Durban in una recente intervista a un quotidiano locale è stato chiaro: «Abbiamo ripulito molte aree della città e delle townships. Il 2010 è una splendida occasione per ripulire aree che sono diventate insicure».

«Ci hanno detto che il campionato del mondo è per noi – dice Mdu, del movimento dei baraccati Abahlali BaseMjondolo – ma in realtà noi non possiamo nemmeno permetterci i soldi per acquistare un solo biglietto. Il 2010 è una maledizione per tutti gli impoveriti del Sudafrica!».

Abahlali BaseMjondolo è il più grande movimento di impoveriti del paese con sedi in più di quaranta città, in particolare a Durban, Pinetown, Pietermaritzburg e Port Shepstone. Negli ultimi mesi Abahlali ha promosso molte manifestazioni e iniziative di protesta che sempre più spesso sono state represse con la violenza dalla polizia.

Non c’è dubbio: Abahlali BaseMjondolo fa paura. Il Sudafrica ha la più alta percentuale nel mondo di manifestazioni di protesta, solo quest’anno più di cinquemila, per l’assenza totale delle risorse di prima necessità. Nelle terre occupate i baraccati vivono senza acqua e senza elettricità, in condizioni disumane. Per questi motivi è nato il movimento e Philani Zungu, che ne è tra i promotori, così racconta la situazione: «La stampa e le istituzioni tentano di ridurre la nostra causa a una semplice richiesta di servizi. Noi stiamo lottando prima di tutto perché venga riconosciuta la nostra umanità. Io mi rifiuto di essere trattato come spazzatura.

La polizia e i potenti credono di poterci trattare come topi solo perché non possiamo comprarci bei vestiti. La polizia ci picchia perché non ci tratta da esseri umani. Vogliamo dimostrare prima di tutto la nostra dignità e insisteremo su questo.

Loro dicono che questo è un comportamento pericoloso. Ma il problema è loro… noi non svenderemo la nostra umanità».

Il 28 settembre scorso Abahlali ha promosso una grande manifestazione nel centro di Durban, con migliaia di baraccati provenienti da tutta la provincia del Kwa Zulu Natal. «Quel giorno sono stato umiliato e offeso, come cittadino, come padre di famiglia e come presidente del movimento Abahlali», racconta S’bu Zikode, denunciando la violenza gratuita della polizia. «La repressione si è scatenata intorno alle 12,15, quando si era ancora in un momento di preghiera. Il sindaco di Durban, Obed Mlaba, aveva promesso di presentarsi per ricevere il memorandum di domande preparato dal movimento, ma non ha avuto il coraggio e non si è fatto vedere». Quando lo si è saputo, la folla ha deciso di rimanere e ha cominciato a pregare. La polizia è partita con la consueta macchina da guerra quando sono arrivati anche i rinforzi. A questo punto i religiosi delle differenti chiese, tenendosi per mano, si sono interposti tra la folla e la polizia. E’ stato un gesto di nonviolenza fortissimo e molto simbolico.
«Non è nostra intenzione difendere Abahlali – spiega il reverendo Thulani Ndlazi – il movimento è già forte da solo e non ha bisogno della nostra protezione. Con il nostro gesto abbiamo voluto dire che se la polizia decide di picchiare e colpire i baraccati allora deve avere chiaro in testa che colpisce anche le chiese, quindi anche Dio». I religiosi sono stati i primi a essere inondati dagli idranti e a subire le manganellate della polizia: a fine giornata, quindici gli arresti, più di venti i feriti, colpiti da proietti li di gomma.

La grande sfida che il movimento dei baraccati lancia in queste settimane alle istituzioni e all’African national congress [Anc, il partito di Nelson Mandela e Thabo Mbeki] è il suo rifiuto della politica dei potenti, per promuovere quella che viene chiamata «ipolitiki ephilayo», la politica della vita. Abahlali rifiuta categoricamente di partecipare alla politica dei partiti, o forse sarebbe meglio dire «del partito», e di delegare la propria lotta a qualche Ong. Al contrario, il movimento cerca di costruire un potere popolare, il più democratico e partecipato possibile. Mnikelo, uno dei promotori storici del movimento racconta: «Noi, quelli che qualcuno chiama i leaders, siamo gli stupidi. E’ per questo che abbiamo bisogno

di ascoltare e consultare le nostre comunità: ogni donna, ogni mamma, ogni padre sanno che cosa vuol dire vivere ogni giorno in una baracca. La comunità è esperta e maestra della sua stessa sofferenza e si autogoverna».

La partecipazione democratica è allo stesso tempo l’obiettivo e il metodo di questo grande movimento sociale. La sua prima grande lotta è avviare un processo di vera democratizzazione delle molte terre occupate, troppo spesso gestite da mafiosi locali arroganti e violenti, con il pugno di ferro. Nella «ipolitiki ephilayo» l’esperienza di partecipazione concreta delle persone è la cosa più importante. Non ci sono avanguardie pseudo illuminate a guidare la lotta. Maka Siwe spiega questo concetto con poche parole: «La cosa più importante è l’assemblea che abbia mo ogni settimana. E’ li che si discute e si decide. L’assemblea è l’assemblea, non importa quanto ricco sei».

Quella del movimento Abahlali è anche la politica dei poveri. Tutto il movimento è gestito da poveri e per i poveri. Questa scelta di non delegare a nessuno la lotta ha fatto andare su tutte le furie gli amministratori locali, ma anche molte Ong e persino qualche istituzione ecumenica. Mnikelo dice che «la lotta deve essere pensata e trasportata nei luoghi della nostra vera sofferenza. Ecco perchè, in contrapposizione con l’’università degli intellettuali’, che poi sono quelli che organizzano grandi conferenze per parlare dei poveri, noi abbiamo fondato l’università di Abahlali. Ai ricchi e a tutti quelli che parlano dei poveri, noi diciamo semplicemente che devono parlare con noi invece che per noi».