La Politica oltre lo Stato

La Politica oltre lo Stato

Michael Neocosmos sostiene che c’è una politica al di là dello stato e che, entro questa forma di politica, giace la vera ed attendibile alternativa allo status quo. Questa “politica oltre lo stato” è portata avanti dai cittadini attivi che pensano, e che si impegnano in politica come militanti piuttosto che come politici. Nelle parole di Neocosmos, la cittadinanza, dal punto di vista dell’emancipazione, “non riguarda i soggetti che portano diritti conferiti dallo stato, come nel discorso sui diritti umani, ma piuttosto persone che pensano e che agiscono tramite il loro impegno in politica come militanti/ attivisti e non come politici”.

La “politica” che emerge dalla cittadinanza attiva è completamente diversa da quella dello stato e dei partiti politici. E’ una politica che richiede il pensare della comunità, l’impegno diretto, e un nuovo (diverso) stile di leadership. E’ una politica dove ognuno è importante perché ogni idea conta. Al contrario, la politica dello stato è una politica che richiede soltanto “opinioni” su “idee” pensate da altri, intellettuali, ONG, chiese e così via.

Parecchie caratteristiche di questo concetto di cittadinanza attiva si possono trovare nel lavoro intellettuale e nella prassi di Abahlali baseMjondolo (AbM):

In primo luogo, la Cittadinanza Attiva è inclusiva. In un contesto di lotta, le distinzioni sono fatte sulla base della dedizione alla lotta e non sulla base di altre categorie quali le classi, le razze e i credi religiosi.
In secondo luogo, la Cittadinanza Attivafacilita il pensiero di qualche cosa differente. E’ il pensare fatto nella comunità e con la comunità che offre spazi per nuove possibilità che sono completamente diverse dallo status quo. Lo scopo di questa condivisione di idee nella comunità non è prendere il potere ma trasformarlo.
In terzo luogo, la Cittadinanza Attiva rende possibile la formazione di una comunità morale di cittadini attivi dove “il dovere di ognuno verso la comunità è direttamente collegato all’impegno attivo nell’attività politica per il bene comune” (Neocosmos, 3).

“I Figli della Resurrezione”

Abbiamo osservato che il processo di lotta è di centrale importanza. E’ all’interno di questo processo che le persone diventano consapevoli della loro dignità bonta’ ontologica e possibilità. Fanon sostiene che “la “cosa” colonizzata diventa uomo durante lo stesso processo attraverso il quale si libera”(Fanon, 1963:36). E’ attraverso la lotta che la gente scopre che è possibile combattere l’oppressione e sfidare il potere.

Perciò il sorgere della lotta di AbM può e deve essere pensato anche teologicamente. Abbiamo bisogno di trovare categorie teologiche che possano aiutarci a leggere questi straordinari segni dei nostri tempi. Il fatto che gli impoveriti si organizzino per combattere l’oppressione e gridare al mondo che sono esseri umani capaci di pensare e determinare il proprio futuro, è la prova che una “politica oltre lo stato” è possibile. E’ la prova che l’AbM incarna l’idea di una cittadinanza attiva e che è questa la principale cosa che deve sfidare e ispirare la teologia.

Il sorgere di’AbM, la loro lotta e la loro concezione politica, possono essere lette con la categoria teologica della Resurrezione. Il mistero pasquale di Gesù nella sua interezza, la sua crocifissione, morte e resurrezione, aiuta di certo a capire teologicamente il sorgere, la prassi e la politica del movimento. E’ del resto impossibile separare e comprendere uno soltanto degli eventi nella sequenza senza prendere in considerazione gli altri. Nondimeno, la particolare esperienza di AbM, soprattutto la sua comprensione della politica e la sua umanità, ci incoraggiano a far risaltare la vittoria di Gesù sulla morte.

Una teologia che ha come punto di partenza la resurrezione e non il calvario, sottolinea la vittoria finale di Gesù su tutte le forze del male. E’ chiaro tuttavia , che la dimensione della sofferenza della gente non è diminuita – i baraccati soffrono a causa degli incendi, le inondazioni, la violenza, l’insicurezza…- ma questa sofferenza, come la lotta di AbM ha dimostrato , non è l’ultima parola.

La resurrezione di Gesù sta come un’analogia alla lotta della gente. Come Gesù non è rimasto silenzioso nella tomba, così pure la gente dei vari insediamenti del kwaZulu Natal non è stata sopraffatta dalla sofferenza e dal dolore. Come Gesù non è rimasto inchiodato sulla croce, così pure i baraccatii hanno cominciato a spezzare le catene della loro oppressione.

Quandoidentifichiamo le persone che sono coinvolte nella lotta come “figli della resurrezione” (Luca 20:36b) – e non come poveri inchiodati sulla croce – i modi “usuali” con i quali la chiesa si relaziona a loro sono completamente infranti. C’è una specie di crisi quando si realizza che essi non possono essere considerati come beneficiari della nostra carità; quando non è più possibile pensare che sono gente “senza voce” a cui alcuni intellettuali o chiese prestano la loro voce. Essi sono, al contrario, il principio che dà impulso ad ogni azione della chiesa e una fonte di ispirazione per la società. Essi sono l’incarnazione del Regno di Dio perché sono sacramento della vittoria di Cristo sul male.

Quando diciamo che questa teologia parte con la resurrezione e non sul calvario, diciamo che queste persone hanno qualcosa da insegnare piuttosto che da imparare; diciamo che essi sono un dono per la chiesa e per la società, e che non sono persone che hanno bisogno di qualcun altro che li difenda e che rappresenti i loro diritti a nome loro.

In questo modo allora, la lotta della gente rappresenta la “Stanza del piano di sopra” perché è il luogo teologico dove il Signore crocifisso e risorto si manifesta come l’Agnello che vince la morte, la miseria e l’oppressione.

Leggere la lotta della gente con la categoria teologica della resurrezione, ci permette di capire che i tentativi della gente di resistere all’oppressione e di costruire bontà e giustizia, sono una risposta di fede al progetto di Dio. Il progetto di Dio per l’umanità è stato reso manifesto in Gesù, ed è pertanto in Gesù che troviamo il modello dell’umanità nuova. La vita di Gesù resta l’esempio ultimo per i Cristiani e, nel nostro specifico caso, per la gente coinvolta nella lotta.. Quando noi guardiamo la vita di Gesù dalla prospettiva della lotta per una vita dignitosa, noi intendiamo in un modo nuovo il progetto di Dio per il mondo. Il sorgere di AbM ci aiuta a capire che quando Dio ha manifestato Se stesso o Se stessa in Gesù, Egli/Ella ha rivelato un Dio che sogna una società di eguali dove i beni sono condivisi tra la gente e dove ogni persona è importante. Infine, Dio sogna la felicità per la sua gente. I baraccati dei vari insediamenti hanno scoperto questa immagine di Dio. Hanno scoperto un Dio che sogna qualcosa di diverso dall’oppressione. Questa è una grandissima scoperta, una scoperta decisiva che rivela alle chiese e alla società in generale un nuovo volto di Dio. Questo è il Dio dei poveri. Questo Dio, il Dio che si è rivelato in Kennedy Road, è un Dio che porta le ferite della sofferenza e del dolore ma che esprime anche Gioia – una Gioia sovversiva che fluisce dalla consapevolezza che il male può essere sconfitto. Così, parafrasando le parole di Fanon, possiamo dire che attraverso la lotta la “cosa” non soltanto diventa uomo ma diventa anche consapevole che il progetto di Dio è un progetto di felicità e gioia e non un progetto di sofferenza e alienazione.

L’intenzione e il progetto di Dio è il Regno, e il Regno si fa reale e presente ogni volta che Cristo vince il potere del male. Considerare la gente coinvolta nella lotta come “figli della Resurrezione” vuole dire che, attraverso la loro lotta, stanno collaborando alla costruzione del Regno di Dio. E’ all’interno del processo di lotta che il Regno viene costruito e scoperto come un dono di Dio. Holloway afferma che “ Nel processo di lottare-contro si formano relazioni che non sono l’immagine speculare delle relazioni di potere contro cui si dirige la lotta: elazioni di fratellanza, di solidarietà, d’amore, relazioni che prefigurano il tipo di società per cui stiamo lottando” (2004:206) Queste nuove relazioni che si formano nel processo di lotta, e il loro più generale e decisivo impatto nella comunità e sugli individui, sono perciò un sacramento del Signore risorto.

Una delle cose più belle che la lotta fa, attraverso gli individui coinvolti in essa, è storicizzare l’escatologia e il Regno di Dio. Grazie al processo di lotta e agli individui che vi sono coinvolti, riscopriamo che il Regno di Dio deve essere compreso come una realtà storica. Il Regno di Dio è qualcosa a cui gli esseri umani sono chiamati a cooperare ora, in questo mondo, e in questo tempo. AbM ha mostrato il mistero di questa collaborazione con Dio. Il lavoro che AbM sta facendo è simile al lavoro dell’uomo della parabola (Marco 4:26-29) che sparge le sementi sulla terra ma il germogliare e crescere delle sementi è opera di Dio. Il Movimento ha soltanto il compito di mietere e accogliere i frutti come dono di Dio. Comprendere il Regno di Dio come realtà storica chiarisce anche che il Regno è un dono di Dio all’umanità. E’ nella fedeltà a questo dono che l’umanità può scoprire la sua libertà. Pertanto, la lotta di AbM, la loro cooperazione con Dio, è dono e profezia per il mondo e per le chiese perché stanno collaborando con Dio nel rendere questo mondo un luogo migliore e più giusto in cui vivere. Il fatto stupefacente è che tutte queste cose stanno accadendo ora , nel nostro tempo presente. Naturalmente, attraverso queste lotte di movimenti, il Regno non si realizza nella sua pienezza. Le ferite di una vita vissuta in una baracca restano. La sofferenza e il dolore non sono cancellati. Il cammino da percorrere è ancora lungo. Ma ora essi hanno mostrato che il sogno di Dio è possibile, che la resurrezione di Gesù non è un pio fatto religioso ma un evento capace di trasformare la storia e la vita della gente. Questo è il motivo per cui le comuni lotte di gente comune, diventano sacramento della presenza di Dio e proclamazione della resurrezione. Quando le lotte del popolo oppresso sono capite come parte della storia della salvezza, esse diventano la via per vincere il peccato del mondo, lo strumento della restaurazione di Dio e un modo pratico di capire la resurrezione. Questo è il motivo che fa dire a Marcelo Barros che nella situazione di oppressione “resurrezione significa insurrezione”.

La resurrezione di Gesù dalla morte è la prova della fedeltà di Dio. La resurrezione dalla morte, infatti, non è qualcosa che Gesù fa per sua volontà o azione. Al contrario, Gesù vince la morte perché il Padre resta fedele al crocifisso, a Suo figlio, all’uomo di Galilea. Una volta che Gesù è inchiodato sulla croce, la sola cosa che può fare e commettere il Suo spirito nelle mani del Padre. Gesù muore nella fiducia che il Padre Lo resusciterà, e il Padre mantiene la promessa riportando Gesù in vita dopo la morte.

Nel nostro contesto vediamo la fedeltà di Dio realizzata in ciò che sta accadendo nella lotta di AbM. Come il Padre rimase fedele a Gesù, nello stesso modo Egli è fedele alla sofferenza della gente. E’ possibile affermare che, quando la gente si riunisce per lottare per una vita migliore, come nel caso del movimento AbM, la fedeltà del Padre si incarna in loro e, in questo modo, l’azione di Dio di resuscitare Gesù diventa un fatto concreto nella storia. Il sorgere di AbM è dunque la prova che la morte e la sofferenza non sono l’ultima parola. Come il Padre ha riportato Gesù a nuova vita, così Egli/Ella si prende cura, fedele al suo essere, del popolo in lotta. La storia e la prassi del movimento ci dice pertanto che Dio non dimentica mai i suoi figli – come dice il profeta Isaia: “Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni. Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno; se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà bruciare; poiché io sono il Signore tuo Dio, il Santo di Israele, il tuo salvatore. (…)Non temere, perché io sono con te”
(Is 43:1-5)

Infine, vediamo un forte legame tra ciò che Neocosmos ha descritto come una politica di vera emancipazione e la prassi di Gesù. La critica di Gesù ai poteri terreni (il Tempio, Religione, Impero….) non tendeva a riforme. Gesù non occupava nessuna forma di posizione ma iniziò il suo movimento dai margini, da un luogo disprezzato come la Galilea.

Inoltre, la critica di Gesù al potere è evidente in parecchi casi, specialmente in Giovanni 6:15 “Ma Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo”. Gesù proclamò una “Nuova Gerusalemme”, e un “Nuovo Cielo e una Nuova Terra” che non vengono dal centro ma dalla periferia. Il Regno di Dio non è qualcosa che viene dato dall’alto ma, al contrario, viene costruito dal basso. Ciò che realmente importa nell’azione di costruire dal basso è il metodo partecipativo popolar-democratico che usano i costruttori.

Perciò, da questo punto di vista, non è importante per gli oppressi ottenere il potere nei termini stabiliti dagli ordini esistenti del potere. In un senso profondo, gli oppressi che lottano stanno già vivendo in parte ciò che stanno chiedendo. Questo è il Regno di un Dio che non è unasolitudine ma una comunione..

Evento

Per capire il concetto di Evento come il radicale filosofo-attivista francese Alain Badiou l’ha articolato, è importante iniziare con la questione dell agency. Badiou sostiene che non è tanto una questione di come un soggetto può iniziare un’azione in modo autonomo, ma piuttosto come un soggetto emerge attraverso un’autonoma catena di azioni all’interno di una situazione che muta” (2007:15). Perciò, secondo Badiou, non sono gli atti e le decisioni quotidiane che forniscono la prova dell’agency ma quegli avvenimenti straordinari che separano un attore dal loro contesto. Sono importanti e un segno di azione quegli atti che mostrano che un essere umano può essere un libero agente. Come risultato, Badiou afferma che “non ogni essere umano è sempre un soggetto, tuttavia alcuni esseri umani diventano soggetti: coloro che agiscono in fedelta’ ad un avvenimento che rivoluziona la situazione in cui si trovano” (2007:15) . Così non esiste una universale concezione di etica fondata su soggetti umani; e questo è il motivo per cui non ci possono essere progetti, come lo Stato o la questione dei diritti umani, fondati sugli esseri umani.

Badiou descrive l’Evento come a qualcosa che mira ad alternative rispetto a ciò che è. L’Evento è la possibilità di qualcosa di diverso. Inoltre, l’Evento dà il nome al vuoto, all’assenza, a ciò che è considerato semplicemente impossibile, a quello che non è immaginabile dal di dentro della situazione. L’Evento perciò è qualcosa che radicalizza e trasforma le persone in militanti o cercatori della verità. Un esempio dal nostro contesto può aiutare a chiarire il concetto di Evento: Sbu Zikode, con riferimento al famoso blocco stradale, ha affermato che “ la lotta che iniziò in Kennedy Road era il principio di una nuova era”. (“The Third force”)

Parlare una lingua diversa

Per capire teologicamente l’idea dell’Evento, dobbiamo riferirci alla pneumatologia. E’ lo spirito infatti che trasforma le persone e le situazioni. L’azione iconica dello Spirito è l’evento della Pentecoste. (Atti 2:1-13)

In primo luogo, i racconti dell’evento della Pentecoste rendono evidente che lo Spirito viene dato a una comunità di persone e non a qualcuno in particolare. E’ tutta la comunità dei discepoli di Gesù che riceve il dono dello Spirito. Il fatto che lo Spirito sia un dono alla comunità e non a individui particolari, è a sua volta riflesso nella prassi e nella politica del movimento che l’Eento crea. Lo stile di leadership, gli sforzi verso una più ampia inclusione di tutti i residenti, e la particolare democrazia popolare, sono segni di un’azione comunitaria.

In secondo luogo, è il dono dello Spirito che ha trasformato persone spaventate e scoraggiate in coraggiosi testimoni della resurrezione di Gesù. Attraverso il dono dello Spirito, gli apostoli furono in grado di pensare l’impossibile, dare un nome al “vuoto” e così proclamare la buona novella del Signore risorto.

In terzo luogo, il dono dello spirito mette in grado gli apostoli di parlare nuove lingue, lingue che possono essere capite da tutti. Lo spirito non trasforma i pescatori in studiosi ma dà loro la possibilità di parlare un genere di lingua che ognuno può capire, una lingua che parla direttamente al cuore della gente. Non è una lingua difficile; al contrario, è una lingua di speranza che tutti aspettano. Questa è la lingua delle possibilità che mira ad alternative.

Infine, il dono dello spirito è una minaccia allo status quo: “Altri invece li deridevano e dicevano “Si sono ubriacati di mosto” (Atti 2:13). Secondo la società, le persone spaventate devono sempre rimanere persone spaventate; è così che vanno le cose. E’ sempre stato così. E’ molto difficile accettare che gruppi marginalizzati e oppressi possano alzare la voce e parlare nuove lingue. Così il sistema cerca di ristabilire l’ordine tramite la criminalizzazione, la repressione e altri metodi.

Una teologia che parte dalla Stanza del Piano Superiore dove lo Spirito fu effuso sui discepoli, e che cerca di essere in relazione con la ribellione delle comunità dei baraccati, parla di Gratuità, Epifania, e Trasformazione.

Parla della Gratuità di Dio, perché lo Spirito è innanzi tutto un dono e questo dono parla dell’amore di Dio. La fedeltà di Dio alla gente non è pertanto qualcosa di astratto e lontano ma concreto e storico. La promessa che Dio non lascerà la gente sola si concretizza nella lotta di AbM. Il fatto che la gente si organizzi, parli con un’unica voce e faccia sentire le sue idee, è la prova che Dio non ha dimenticato la sua gente. Inoltre Dio diventa il loro compagno nel viaggio verso un futuro migliore effondendo su di loro il suo spirito. Questo è il motivo per cui la lotta può essere considerata anche un atto di amore, l’amore di Dio verso la gente e l’amore della gente verso gli altri esseri umani. E’ un amore che nasce dai conflitti della lotta, dal cameratismo che si crea in tanti momenti difficili e dalla condivisione del peso di decisioni spinose. L’Amore che nasce dalla lotta è perciò un Amore sovversivo, un Amore che prefigura la forma di società per la quale stiamo lottando.

La nostra teologia parla di epifania, perché noi intendiamo la lotta come una rivelazione di Dio. E’ grazie al dono dello spirito che la gente è in grado di lottare e di parlare per se stessa, la lotta stessa diventa una manifestazione di Dio. Dio rivela il suo volto amorevole nella gente in lotta di Kennedy Road e tutte le altre “…Road” in ribellione. Come Dio Padre si rivela nell’Evento della liberazione di Israele dalla schiavitù e come Gesù rivela il suo potere curativo tra i poveri, gli esclusi e gli oppressi, così lo stesso amore e cura si rendono manifesti nella lotta di AbM. E’ l’essere di Dio che si rivela. Infatti, Dio è anche lotta per la liberazione. Riflettere e agire teologicamente dal punto di vista della lotta di popolo aiuta a scoprire il radicale appello di Dio alla libertà.

La nostra teologia parla di trasformazione sociale e personale perché è lo spirito che rende nuove tutte le cose. Il lavoro di Dio nella storia è portato avanti dall’azione dello spirito. Tuttavia lo spirito non agisce come un demiurgo. Lo spirito è manifesto solo attraverso la collaborazione e la disponibilità della gente. La lotta di AbM è un tipico esempio di tale collaborazione. Questo genere di lotta, infatti, è una lotta spirituale nel senso che lo spirito lotta entro e con la gente e così trasforma la società al fine di rendere il mondo un posto migliore in cui vivere.

Tuttavia, la lotta di AbM ha anche evidenziato il fatto che la trasformazione apportata dallo spirito è anche personale. Lo spirito permette alle persone in lotta di riconoscere la loro bontà ontologica e il fatto che essi sono create ad immagine di Dio. E’ lo spirito, attraverso la gente coinvolta nella lotta, che ci ricorda la presenza della persona divina nella concreta storia della creazione. E in questo senso, noi sottolineiamo di nuovo che la lotta, fino ad un certo punto, è Dio che comunica se stesso. La gente in lotta riconosce che il Figlio si è incarnato al fine di divinizzare gli esseri umani, e che lo Spirito abita in noi al fine di unificare tutte le cose e condurre la creazione al Regno della Trinità.

Il vuoto nominato dallo spirito è questa divinizzazione dell’essere umano. I marginalizzati, gli oppressi, i poveri hanno riconosciuto che il loro destino è di essere condotti nella vita Trinitaria e questo fatto apre nuove possibilità di impegno, ispirazione e critica per il contesto in cui vivono.

Fedeltà

Nella teorizzazione di Badiou la fedeltà è il tentativo di sostenere nel pensiero le conseguenze dell’evento. E’ il rifiuto di tornare allo “status quo ante”, ritornare all’idea che ciò che è accaduto era impossibile. La fedeltà all’evento non è qualcosa di concesso e ovvio. Richiede un “interesse-disinteressato” per conto dei partecipanti. Perciò, la perseveranza del “soggetto-essere rimane incerta. Un essere, per essere trasformato in soggetto, deve restare fedele al disinteresse. Non c’è certezza in questo processo. Gli Stalinisti, le avanguardie, “conoscono” la strada da percorrere – noi no. Noi crediamo che l’”alternativa, la direzione della nostra lotta, uscirà dal pensare che facciamo nelle nostre comunità” (S’bu Zikode, ‘The greatest threat to future stability in our country Vs The greatest strength of Abahlali baseMjondolo movement s.a.’).
Secondo Badiou, ”La politica inizia quando uno decide di non rappresentare le vittime ma quando si rimane invece fedeli a quegli eventi durante i quali le vittime affermano se stessi” (Neocosmos, 2007:18). Questa è l’incerta strada della fedeltà.

“….Egli si diresse decisamente verso Gerusalemme…..”

La categoria teologica che esprime questa fedeltà è la Croce. Per capire questo, dobbiamo prima di tutto chiarire alcune classiche interpretazioni di tale categoria. Queste sono interpretazioni che furono sviluppate nel passato e che, nel contesto di lotta, non sono più utili, e non aiutano a leggere questa particolare realtà.

In primo luogo, in tutta la storia la morte di Gesù è stata interpretata come un sacrificio di espiazione per i peccati del suo popolo. Secondo questa teoria nessun sacrificio umano basta a placare l’ira di Dio. Allora l’incarnazione creava la possibilità di un perfetto sacrificio senza macchia che avrebbe compiaciuto completamente Dio. Gesù si assunse il compito di essere il sacrificio che avrebbe rappresentato tutto il popolo di fronte a Dio. Dobbiamo ammettere allora che questa teoria presenta un aspetto vendicativo di Dio. Questa immagine di Dio non si adatta molto bene all’immagine di un Dio misericordioso rivelato da Gesù Cristo. Una seconda teoria presenta la morte di Gesù come una redenzione in quanto riscatto. Secondo questo modello la morte di Cristo è considerata come il prezzo richiesto da Dio per il riscatto di tutti gli esseri umani tenuti in ostaggio da Satana. Il difetto di questo modello risiede nella visione che emerge sugli esseri umani, concepiti soltanto come semplici spettatori.. Essi non sono partecipanti, non sono considerati come inseriti nella storia. Una terza teoria considera la morte di Cristo come una riparazione. Secondo questa teoria, gli esseri umani, attraverso il peccato, hanno violato l’ordine della creazione e offeso perciò Dio. La divina giustizia chiede che questo ordine debba essere ristabilito, ma come può un essere umano finito fare una riparazione infinita nei confronti di un infinito Dio? Soltanto Dio può compiere un’infinita riparazione. Perciò, Dio deve diventare un essere umano e, come essere umano, Dio potrà fare ciò che un essere umano deve fare: rendere riparazione. La morte di Gesù ha guarito la ferita del peccato e ristabilito l’ordine dell’universo. Il difetto di questa teoria è che ritrae un Dio vendicativo, crudele e sanguinario.

In tutte queste teorie gli elementi della vita di Gesù e la prassi sono praticamente assenti. La morte di Gesù non è vista come una conseguenza della sua vita. Al contrario, la buona novella è che Gesù morì a causa della sua vita, la sua opzione per i poveri, la fedeltà al Regno e la sua radicale solidarietà con gli esseri umani. Anche secondo Paolo, la Croce è il simbolo dell’intera storia di Cristo che diventa umano, soffre e muore. Questa è la buona novella! Gesù rimane fedele al progetto del Regno e in questo modo entra in solidarietà con tutti coloro che stanno portando una Croce per le loro azioni di fedeltà, amore e liberazione. Questo è il significato della Croce! Nella sua morte Gesù ha trasformato la croce da strumento di umiliazione in strumento di lotta contro la schiavitù, l’oppressione e la morte. Questo lo si può vedere anche nel Vangelo di Luca. L’evangelista incentra il suo Vangelo sul viaggio verso Gerusalemme. Luca 9:51 è il punto di svolta del Vangelo: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme”. Questo viaggio verso il centro del potere politico e religioso simbolizza la fedeltà di Gesù al progetto del Padre e questo è ciò che Lo porta a morire.

Perciò, la croce di Gesù può essere intesa come una conseguenza della Sua fedeltà. Nello stesso modo, i discepoli di Gesù sono chiamati a seguirlo lungo questo sentiero. E’ molto significativo che immediatamente dopo la decisione di Gesù, Luca ci parli di alcuni “potenziali” seguaci di Gesù:“Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: “Ti seguirò dovunque tu vada”. Gesù gli rispose: “ Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. A un altro disse : “ Seguimi”. E costui rispose: “Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre”. Gesù replica: “ Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”. Un altro disse: “ Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”. Ma Gesù gli rispose:“ Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”(Luca 9:57-62). In questo passo sono descritti le difficoltà dello stato di discepolo e il costo della Fedeltà. Noi non sappiamo se queste persone hanno seguito Gesù o no, ma questo non è il punto. Ciò che è importante è capire che seguire Gesù significa farsi carico del Suo progetto e portare il peso di una croce che deriva dalla fedeltà al Regno. La strada per Gerusalemme è la strada della croce, la strada del ribelle e questo viaggio richiede rinuncia, coraggio, fedeltà, verità, impegno e amore.

Dovrebbe essere ormai chiaro che ci sono due diversi generi di sofferenza:: quella provocata dall’oppressione e quella provocata dalla lotta per vincere tale oppressione. Solo questa seconda può essere concepita come Croce. Questa idea dovrebbe essere resa ancora più chiara dal fatto che la croce era lo strumento che l’impero usa per giustiziare i ribelli politici. Così, la Croce oppone due logiche: quella dell’impero (lo stato, la società civile, il discorso dei diritti umani…) e quella del regno (la politica oltre lo stato…). Quando i militanti, i soggetti agiscono in fedeltà all’Evento generalmente affrontano repressione, dolore e sofferenza. E’ a questo punto che essi diventano la personificazione del viaggio di Gesù a Gerusalemme e con lui essi sfidano i poteri terreni, smascherano le false immagini di Dio e dischiudono la loro verità al mondo. Il viaggio sovversivo di Gesù diventa il loro.