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10 October 2013

Napoli Monitor: Sudafrica, la lotta dei baraccati a Durban

http://napolimonitor.it/2013/10/10/23388/sudafrica-la-lotta-dei-baraccati-a-durban.html

Magrissima, forse non arriva neppure al metro e cinquanta, Bandile Mdlalose è una delle attiviste più esili di tutto il movimento degli shack dwellers. È semplice e modesta e mai la crederesti una persona capace di farsi arrestare per un qualsiasi atto di violenza.

Bandile ha tre figli adorabili e la sua famiglia è con lei. La casa dei Mdlalose è di conseguenza il ritrovo di tutta la comunità della Sezione K della township di KwaMashu (Durban), ed è il luogo in cui si riunisce il movimento Abalhali, si cucina per le grandi occasioni o si programmano le riunioni. Sua madre, conosciuta da tutti come MaMadlalose, è una delle colonne portanti di tutta la comunità della Sezione K. Quando le cose prendono una brutta piega, le persone si rivolgono a lei per un consiglio o per una mediazione.

Bandile è il gigante dell’Abahlali baseMjondolo, il movimento sudafricano cresciuto dal basso con più di diecimila iscritti. L’Abahlali è nato nel 2005 durante un blocco stradale lanciato per fermare gli sgomberi dei residenti di un gruppo di baracche costruite a Kennedy road nel tentativo di relegarli nelle aree extraurbane più misere di Durban. Come segretaria generale del movimento, è solo quando la vedi alzarsi e prendere la parola di fronte a una folla di cinquecento mhlali (compagni) che intuisci tutta la sua forza. È una forza che le viene da un movimento che lotta per la dignità di coloro che vivono in una baracca; i “dannati della terra”come li chiamò una volta l’anticolonialista Frantz Fanon. Nel combattere a fianco dei suoi compagni baraccati, Bandile afferma la sua tempra di donna nera che vive in una società ancora razzista e dal patriarcato oppressivo. La sua forza non risiede solo nel rifiutarsi di rimanere “al suo posto” ma anche nell’impegno a unirsi agli altri in nome di una sfida comune. Il suo carisma si poggia sulla massa e non il contrario. Lei vuole sfidare e superare le discriminazioni che deve subire in quanto donna nera, madre, esile e per giunta baraccata, per unire le lotte personali con quelle dei suoi mhlali. Per questo l’arresto di Bandile da parte della polizia di Durban è un arresto politico.

In questi ultimi otto mesi, ovvero sin dallo sgombero delle loro baracche, i residenti di Cato Crest, un’area di Durban destinata allo sviluppo edilizio, si sono trovati costantemente alle prese con il problema di trovarsi un posto che potessero chiamare casa. Così hanno occupato un pezzo di terra del demanio comunale e l’hanno chiamato “Marikana” (dal nome del luogo in cui decine di minatori vennero massacrati dalla polizia durante lo sciopero del 16 agosto 2012). Ma per il solo fatto di essersi assicurati un tetto sopra la testa, si sono attirati contro la rabbia violenta e totale dello stato: demolizioni, sgomberi, proiettili di gomma, lacrimogeni e diversi omicidi.

Nkululeko Gwala e Thembinkosi Qumelo, due esponenti della lotta per la casa di Cato Crest, sono stati assassinati quest’anno – e i residenti sono convinti che i responsabili siano dei criminali vicini a un assessore dell’African National Congress locale. Altri sono stati feriti dagli ufficiali delle forze dell’ordine durante delle manifestazioni e ora versano in condizioni critiche in ospedale. Il 30 settembre, la diciassettenne Nquobile Nzuza è stata uccisa da un proiettile sparato alle spalle dalla polizia che – proprio come in occasione del famoso sciopero di Marikana – invoca la legittima difesa. Di nuovo, come al solito, nessun poliziotto ha riportato ferite durante quello che tutte le testimonianze raccolte sul posto hanno definito come una manifestazione pacifica.

C’è un disegno preciso di alcuni personaggi politicamente agganciati al governo locale dell’Anc che vuole schiacciare gli occupanti di Marikana a Cato Crest, un’area in precedenza abitata dalla classe media bianca in prossimità del centro cittadino. Eppure, nonostante la violenza esercitata dalla municipalità, gli omicidi politici e la demolizione illegale delle case, le diverse centinaia di residenti si rifiutano di cedere. Dopo ogni sgombero, la comunità ha semplicemente ricostruito le sue case di lamiera. Come risposta alla violenza sponsorizzata dalle autorità, l’Abalhali ha dato inizio a una campagna di disobbedienza civile in cui i residenti hanno manifestato senza autorizzazione e organizzato blocchi stradali.

Le forze politiche, forse in alto fino al primo cittadino, James Nxumalo, sono disperate. Oltre a prendere di mira gli occupanti di Cato Crest, hanno cominciato a minacciare il comitato dirigente del movimento Abahlali. Bandile, in quanto segretaria generale del movimento, è stata fra i primi a ricevere intimidazioni. Era a Cato Crest un giorno sì e l’altro pure, cercando di coordinare il supporto che arrivava dalle varie sezioni del movimento in città e organizzando l’assistenza degli avvocati durante le demolizioni illegali. La sua forza oratoria e la sua capacità organizzativa hanno spinto la polizia ad arrestarla. Come in precedenza per altri membri dell’Abahlali, l’arresto è di natura politica. Bandile non ha commesso atti brutali per cui l’accusa di “violenza pubblica” non è pertinente – è l’accusa portata avanti ogni volta che la polizia sudafricana arresta immotivatamente degli attivisti. Gli inquirenti non hanno elementi contro di lei, ciononostante, proprio come gli ormai scagionati tredici di Kennedy road (membri di Abahlali arrestati per omicidio 2009), le è stata negata la cauzione.

Invece di lavorare dalla parte dei giusti, la corte nega a Bandile di poter tornare a casa dai suoi figli e dalla sua famiglia e questo senza motivo, se non per compiacere coloro che vorrebbero vedere Abalhali distrutto. E non è casuale che questi attacchi stiano avvenendo proprio a un anno dalle elezioni. Sembra proprio che queste forze politiche al momento abbiano riposto tutte le speranze di poter abbattere il movimento indipendente organizzato di poveri più importante di tutto il Sudafrica proprio sulla minuscola Bandile Mdlalose. (jared sacks / traduzione di valentina iacoponi)