Carta: «No vote!». La vuvuzela elettorale di Abahlali

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«No vote!». La vuvuzela elettorale di Abahlali

Lunedì 21 marzo 2011 il movimento dei «baraccati» sudafricani Abahlali baseMjondolo [protagonista la scorsa estate dei «Mondiali al contrario» promossi da Carta e altri] organizza una grande manifestazione di massa a Khayelitsha, immensa baraccopoli alle porte di Cape Town. Saranno presenti migliaia di uomini e donne di almeno quindici comunità che aderiscono allo straordinario movimento, diffuso in una ventina di città e in circa quaranta slum. L’obiettivo di questa imponente manifestazione, è lanciare la prima «campagna elettorale» del movimento, in vista delle elezioni amministrative del 2011, dal titolo: «Niente terra, casa, acqua, elettricità, lavoro. Nessuna libertà. Nessun voto!». In questo modo, dunque, Abahlali dedica una parte del suo tempo alle «elezioni».

«Come movimento non vediamo alcun motivo di votare per i partiti politici che sono solo in competizione per il diritto di opprimere i poveri – speigano quelli di Abahlali – Non vediamo alcun partito schierarsi dalla parte degli impoveriti. Nessun partito politico sta con noi quando siamo in lotta contro gli incendi delle baracche, per avere asili nido, per occupare terre o per resistere agli sfratti. Quindi noi ci rifiutiamo di votare…».

Secondo il movimento, l’Anc [il primo partito sudafricano nonché partito di Mandela] e il Da [Alleanza democratica, il secondo partito] non fanno che reprimere le proteste popolari. L’Anc non può più sfuggire alle su responsabilità e alla «verità sui fatti di Kennedy Road…» denuncia Abahlali, ricordando come lo slum di Kennedy Road a Durban, in settembre è stato al centro di una brutale operazione di polizia, che è costata la vita a diversi cittadini e costretto alla clandestinità o all’arresto molte persone che aderiscono ad Abhalali baseMjondolo. Ma per il movimento dei baraccati l’Anc e il Da non sono soltanto «anti-poveri», entrambi sono soprattutto «contro ogni politica autonoma dei poveri», contro qualsiasi progetto di autogoverno, e in modo analogo anche diverse organizzazioni non governative, come ad esempio Tac, e il Cosatu [la grande Confederazione dei sindacati progressisti del Sudafrica]. «Benché noi riconosciamo l’importante lavoro che queste organizzazioni, come Tac, hanno fatto per ridurre la diffusione dell’Hiv e per sostenere i migranti dopo gli attacchi xenofobi nel 2008, dobbiamo riconoscere la realtà: molte organizzazioni della società civile sono solo un ‘pezzo’dell’Anc…», e dunque fanno di tutto perché il movimento dei baraccati non cresca ulteriormente.

«L’opposizione reale all’Anc – scrivono quelli di Abahlali in un documento diffuso per annunciare la manifestazione del 21 marzo – è nella ribellione dei poveri e delle organizzazioni e dei movimenti emersi da queste ribellioni…. Tuttavia siamo democratici. Per questo inviatiamo qualsiasi candidato o singolo individuo a partecipare alle nostre assemblee. Sarà concesso a chiunque il diritto di parlare liberamente. E tutti saranno ascoltati con rispetto…».

In realtà, Abahlali chiede per prima cosa ai politici interessati ad avere una relazione con il movimento di rispondere in modo chiaro a queste dieci domande. Dieci provocazioni con le quali il movimento vuole ribaltare le politiche tradizionali e dimostrare che è possibile diffondere il potere dal basso, anche nelle periferie metropolitane del sud del mondo.

1. Vi opporrete attivamente a tutte le disconnessioni di acqua ed elettricità?
2. Vi opporrete attivamente a tutti gli sgomberi?
3. Sosterrete attivamente l’occupazione di terreni non utilizzati per alloggiare i poveri?
4. Sosterrete attivamente il diritto di tutte le persone di organizzare liberamente, anche al di fuori e contro i partiti politici?
5. Sosterrete attivamente le iniziative promosse dai non-partiti per assicurare asili nido, orti urbani e cibo?
6. Sosterrete attivamente la domanda di equità ed efficenza per garantire la sicurezza di tutti nella comunità povere?
7. Sosterrete attivamente il diritto di tutte le comunità a pianificare il proprio futuro in modo democratico attraverso meccanismi come il bilancio partecipativo e la pianificazione urbanistica popolare?
8. Destinerete una parte dei vostri stipendi per progetti controllati dalla comunità locali dei poveri?
9. Siete disponibili a ricevere istruzioni su questi temi dal basso, dagli elettori?
10. Siete disponibili a riconoscere al popolo che vi ha eletti il diritto di rimuovervi dai vostri incarichi?