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Gli abitanti delle baracche

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Gli abitanti delle baracche

Stefano Piazza

Dalla MISNA: “A Castelvolturno ho visto le stesse facce di Kennedy Road, ho visto le stesse case, le stesse baracche, la stessa povertà, quegli stessi sguardi bassi che noi però siamo riusciti a risollevare, ho capito che i poveri sono trattati male dappertutto nella stessa identica maniera, come nel Sud così nel nord del mondo. Per questo motivo dobbiamo unirci, far sentire una voce sola, andare oltre i confini, non avere altri arbitri del nostro destino se non noi stessi”. Virginia Mdlalose è un’abitante della baraccopoli di Kennedy road, periferia di Durban, luogo di una pesante azione repressiva da parte delle autorità sudafricane, a seguito della quale, nel 2005, nacque il movimento Abahlali baseMjondolo (in lingua zulu significa “gli abitanti delle baracche”). Lo scorso Maggio Virginia Mdlalose ha visitato diverse località in Italia per l’iniziativa “Mondiali al contrario”; tra queste, Castelvolturno, luogo simbolo dell’immigrazione e dello sfruttamento dei lavoratori stranieri in Italia.

Accidenti, leggi Durban e, subito, pensi allo splendido Moses Mabhida Stadium, sede, domani, della seconda semifinale di questo Mondiale (Spagna-Germania). Uno dei dieci monumenti allo spreco che la Rainbow Nation si ritroverà a dover gestire, in qualche modo, alla fine di questo Mondiale. Ma Durban è, appunto, anche questo, come ricordò (sempre alla MISNA) Thembani Ngongoma, un’altro abitante di Kennedy Road: “Come posso essere contento se non riesco nemmeno a permettermi il biglietto di una partita? Se i diritti contemplati da una tra le più belle Costituzioni al mondo vengono disattesi? Se i posti di lavoro che pure sono stati creati per la costruzione di stadi e altre infrastrutture sono tutti temporanei? Se non ho nemmeno una casa?”.

Il Levante (Italy): Sudafrica: la favola dei mondiali

http://www.levanteonline.net/esteri/africa-e-medioriente/1726-sudafrica-la-favola-dei-mondiali.htmlarticle9345.html

Sono passati sei anni da quando, il 15 maggio 2004, a Zurigo, i Mondiali di calcio del 2010 furono assegnati al Sudafrica. All’epoca, le parole di Nelson Mandela “il mio sogno si è realizzato. Insieme, possiamo farcela” riempirono di euforia e orgoglio tutti i sudafricani per i quali i Mondiali 2010 sarebbero diventati la prova delle loro capacità di organizzazione e testimonianza di un ritorno alla normalità in grande stile. Orgoglio che si estese a tutto il continente: per la prima volta la competizione avrebbe avuto luogo in Africa.

Da allora, ogni singolo dipartimento dello stato è stato coinvolto nel processo di preparazione e “Sudafrica 2010” è diventata la causa comune su cui concentrare i piani e le attività di tutti i settori della vita nazionale. Oggi, sei anni dopo, ecco arrivato il grande evento: è cominciato venerdì 11 giugno a Johannesburg, con la partita Sudafrica-Messico, e terminerà domenica 11 luglio con la finale, sempre nel nuovo stadio Soccer City, presso la township di Soweto.

“Questi Mondiali sono il simbolo del potere del calcio nell’unire gli uomini senza distinzioni di lingua, colore, politica e religione”, questo il discorso inaugurale pronunciato da Mandela in quello stesso stadio di Soweto in cui tenne il suo primo discorso da uomo libero.

Era l’11 giugno anche 46 anni fa, quando Nelson Mandela e i suo compagni di lotta clandestina furono riconosciuti colpevoli di sabotaggio nel processo di Rivonia. Il giorno successivo furono condannati all’ergastolo e, di cella in cella, il prigioniero Mandela rimase rinchiuso fino all’11 febbraio del 1990 quando finalmente tornò a essere un uomo libero e tenne il suo primo discorso pubblico davanti a 85mila persone nello stadio di Soweto, lo stesso che ha ospitato la gara inaugurale del primo storico mondiale in terra africana.

Non è di certo il primo Mondiale della storia ma è evidente l’alto valore simbolico che lo contraddistingue e che ha fatto sì che gli occhi di tutto il mondo si concentrassero sul Sudafrica e in particolare su Mandela che, nonostante gli acciacchi dell’età, ha dato il calcio di inizio alla grande gara internazionale.

Per il Sudafrica, che ancora 20 anni fa era un mondo a parte segregato nella vita di tutti i giorni e dunque escluso anche dallo sport internazionale (“niente sport normale in un paese anormale” era lo slogan dei calciatori neri più impegnati), il mondiale è diventato l’evento di rivincita, di autoaffermazione, il simbolo di un paese che attraverso il calcio si sente finalmente al centro del mondo, non più ai suoi piedi. “Dalle baracche alla dignità”, sta scritto sui cartelloni delle nuovissime autostrade che dagli aeroporti scaricano nelle città tifosi e giornalisti. Eppure qualcuno aveva espresso il dubbio che il Sudafrica non ce l’avrebbe mai fatta, che la Fifa aveva pronto un piano B per trasferire altrove il torneo all’ultimo momento. E invece Sudafrica 2010 è iniziato. “Dopo i mondiali non saremo più quelli di prima”, ha garantito il presidente Jacob Zuma. “Stiamo vivendo una trepidazione pari solo a quella del giorno in cui celebrammo le nostre prime elezioni libere nel ’94”.

La preparazione ai Mondiali è stata lunga, e innegabilmente seria. Tutti i maggiori aeroporti del paese sono stati radicalmente trasformati e modernizzati. Ogni singola superstrada delle aree metropolitane è stata rifatta. In tutte e nove le città scelte come sedi delle partite in programma sono stati costruiti stadi modernissimi, in alcuni casi davvero straordinari. I media – sia che fossero contrari o in favore – hanno contribuito a far sì che tutti i cittadini venissero coinvolti nel conto alla rovescia. Tuttavia, se è vero che molti – forse la maggior parte dei sudafricani – sono elettrizzati dall’evento e giudicano un onore e un’opportunità il diventare per un momento il centro dell’attenzione mondiale, molti altri considerano l’intera faccenda una perdita di tempo e di denaro, che non si risolverà a favore della gran parte della popolazione e che soprattutto ha escluso alcuni gruppi di cittadini, quali gli abitanti delle zone rurali, per i quali il Mondiale passerà del tutto inosservato.

La decisione di ospitare la Coppa del mondo fu dettata dalla prospettiva di ingenti benefici economici per la nazione. Ma sarà davvero così? Il miglioramento delle infrastrutture, gli investimenti di risorse in strade, aeroporti, stadi, hotel, ristoranti, possono di certo rappresentare una forte spinta all’economia, ed intervenire positivamente sulla creazione di opportunità lavorative. Ma rimane il dubbio che queste occupazioni saranno temporanee e che il governo sudafricano non sarà poi in grado di assorbire diversamente i cittadini rimasti senza lavoro.

C’è chi poi critica la scelta di destinare tanti soldi all’organizzazione di un evento sportivo come i Mondiali, piuttosto che investirli per il miglioramento delle condizioni di vita dei sudafricani, in un Paese dove la metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. In riferimento a ciò, ad esempio, l’Ong Equal Education ha calcolato che con i 4,5 miliardi di rand spesi per tirare su lo stadio di Cape Town sarebbe stato possibile costruire 9 mila biblioteche scolastiche, in una regione, il Western Cape, dove solo il 53% delle scuole può contare su una biblioteca. Persino la Fondazione Nelson Mandela si è lamentata del fatto che in troppi casi i poveri siano stati lasciati ai margini del grande evento.

Ma se anche i Mondiali rappresentassero davvero una spinta verso lo sviluppo economico, rimane comunque l’incognita della distribuzione dei benefici tra tutta la popolazione. Già nello scorso decennio, il Sudafrica ha registrato una notevole crescita economica ma, nello stesso periodo di tempo, il tasso di ineguaglianza tra ricchi e poveri è cresciuto a una velocità allarmante, al punto che oggi il paese è tra le nazioni con il più ampio divario tra ricchi e poveri. E’ indubbio che la semplice crescita economica di un paese non si traduce di per sé stessa in una più equa spartizione dei benefici tra i suoi abitanti e la paura è che anche lo sforzo economico compiuto per l’allestimento di “Sudafrica 2010” vada a vantaggio delle solite élite e a svantaggio dei ceti sociali più poveri.

Un’ulteriore preoccupazione è legata all’impatto ambientale del mega evento. Anche se sono state prese misure per minimizzare gli effetti negativi di una improvvisa – e mai sperimentata prima – affluenza di visitatori, tutti decisi a spendere e consumare, non è detto che le infrastrutture nazionali siano pronte a gestire la situazione. Tra l’altro, l’economia sudafricana è ancora troppo dipendente dall’energia derivata dal carbone e possiede poche sorgenti energetiche alternative. Si è calcolato che l’impatto di “Sudafrica 2010”, in termini di emissioni di carbonio nell’aria, sarà più di 20 volte superiore a quello di “Germania 2006″”.

Infine, sempre dal punto di vista delle ricadute economiche, si teme che gli stadi costruiti con capienze imposte dagli standard richiesti dalla Fifa siano destinati a diventare vere e proprie “cattedrali nel deserto”, cioè opere dispendiose ma inutili e insostenibili.

Si è già detto del valore simbolico dei Mondiali, non solo come evento di riscatto ma anche come evento capace di rinsaldare la coesione nazionale. A tale proposito, c’è il rischio che i sudafricani, che tante speranze e significati hanno riposto in questo evento, possano rivoltarsi contro di esso in caso di sconfitta della loro squadra locale, i Bafana Bafana.

La coesione sociale è minacciata anche da altre questioni, come quelle relative al tentativo del governo di ripulire le città da tutto ciò che può turbare l’immagine che si vuole dare del paese. Migliaia di baracche e casupole abusive, costruite lungo le superstrade, sono state già abbattute. Proprio in riferimento a questo, la rivista Carta, insieme al missionario comboniano Alex Zanotelli, hanno lanciato un appello alle autorità sudafricane alle quali si chiede di garantire i diritti della popolazione povera ed emarginata. L’appello è indirizzato all’ambasciatrice sudafricana in Italia, Thenjiwe Mtintso, e mira a denunciare proprio il trattamento subito in questi mesi dagli abitanti delle baraccopoli e dai venditori di strada. Nell’appello si denunciano anche le azioni di repressione e gli attacchi violenti ai danni dei movimenti impegnati nella tutela dei diritti. In particolare si denunciano le azioni violente contro Abahlali baseMjondolo, movimento per la promozione dei diritti in Sudafrica e che ha promosso anche la campagna “Mondiali al contrario”, che intende dare voce ai poveri e agli emarginati, quegli stessi cittadini che il governo cerca di rendere invisibili agli occhi dei media internazionali e dei turisti.

M’du, un attivista, afferma: “Ci dicono sempre che la Coppa del Mondo sarà un beneficio soprattutto per i poveri del paese. Ma la verità è che non riusciremo neanche a permetterci di comprare un biglietto e saremo fortunati se riusciremo a guardare la partita in TV. I soldi spesi per gli stadi sarebbero dovuti andare alla costruzione di case e ospedali”.

Come al solito, c’è sempre una seconda faccia della medaglia, e questo è soltanto un altro modo per guardare a questi mondiali così tanto celebrati.

La sfida dei senzatetto: baracche davanti allo stadio

http://notizie.virgilio.it/notizie/esteri/2010/06_giugno/10/mondiali_la_sfida_dei_senzatetto_baracche_davanti_allo_stadio,24706726.html

La sfida dei senzatetto: baracche davanti allo stadio

La protesta in programma domani a Città del Capo

Roma, 10 giu. (Apcom) – Anche i senzatetto cercheranno di sfruttare l’attenzione internazionale sul Sudafrica dei Mondiali di calcio 2010 per rilanciare la loro richiesta alle autorità locali di avere una casa vera. Domani, circa 100 homeless dell’organizzazione Abahlali baseMjondolo cercheranno così di costruire delle baracche davanti allo stadio Green Point di Città del Capo, dove è in programma in serata la partita Francia-Uruguay.

“A Green Point cercheremo di costruire i nostri rifugi davanti allo stadio, se possibile”, ha detto il portavoce dell’organizzazione, Mthobeli Qono, all’agenzia di stampa sudafricana Sapa. In caso contrario, i senzatetto si recheranno all’ufficio del sindaco.

L’organizzazione Abahlali chiede che gli abitanti dei cosiddetti ‘insediamenti informali’ ricevano la casa promessa dalle autorità locali. “Vogliamo che tutto il mondo conosca l’arroganza del governo verso il popolo sudafricano. Non gli interessa nulla della povera gente”, ha aggiunto Qono.

“Le misure dei sicurezza per i Mondiali limitano il dissenso e i diritti dei poveri”

http://www.terrelibere.org/terrediconfine/4014-le-misure-dei-sicurezza-per-i-mondiali-limitano-il-dissenso-e-i-diritti-dei-poveri

“Le misure dei sicurezza per i Mondiali limitano il dissenso e i diritti dei poveri”

Raffaella Cosentino

Un appello di Alex Zanotelli e dei comboniani all’ambasciatrice sudafricana in Italia per denunciare la repressione nelle baraccopoli e chiedere la liberazione degli attivisti arrestati 9 mesi fa.

Roma – Un appello inviato all’ambasciatrice sudafricana in Italia, che come primo firmatario Alex Zanotelli, denuncia la repressione del dissenso in Sud Africa in occasione della Coppa del Mondo di Calcio. Una raccolta di adesioni è stata diffusa attraverso la testata “Carta”, promossa da associazioni e movimenti di base come i missionari comboniani per chiedere più diritti per i poveri del nuovo Sud Africa.

“Siamo preoccupati per il trattamento subito dagli abitanti delle baraccopoli e dai venditori di strada in occasione della Coppa del mondo” si legge nel testo indirizzato all’ambasciatrice Thenjiwe Mtintso. “Gli abitanti delle baraccopoli vengono forzatamente sfrattati e fatti vivere in transit camps, mentre ai venditori di strada è stato proibito di vendere la propria merce durante tutta la durata della Coppa del mondo – scrivono gli attivisti – la Coppa del mondo è divenuta l’occasione per ristrutturare le città secondo criteri che favoriscono solo le élite. I poveri vengono spinti fuori, lontani dagli occhi dei turisti e dei giornalisti”.

Secondo quanto riportato nell’appello e denunciato dal movimento dei baraccati sudafricani Abahlali baseMjondolo, “le misure di sicurezza adottate in occasione dei Mondiali limitano fortemente il diritto dei cittadini a esprimere democraticamente il dissenso rispetto a questo stato di cose”. La lettera aperta segue il ciclo di incontri “Mondiali al contrario” che ha portato degli esponenti del movimento dei baraccati in Italia fino al 31 maggio scorso, quando una delegazione è stata ricevuta all’ambasciata sudafricana a Roma.

Associazioni, Ong, osservatori e documentaristi fanno una serie di richieste alle Autorità sudafricane, tramite l’ambasciata in Italia. Chiedono che il Presidente Jacob Zuma risponda alle richieste di Abahlali baseMjondolo; l’abolizione dei “transit camps” e una commissione indipendente per indagare sui fatti avvenuti a Kennedy Road nel settembre 2009. Lo scorso autunno, si è verificata una violenta repressione nella baraccopoli di Kennedy Road a Durban. Un raid di decine di persone armate ha causato alcuni morti, la distruzione di case e beni dei membri di Abahlali e la fuga di molti di loro per sottrarsi alle violenze.

“Ciò nonostante, sono state arrestate 13 persone tra quelle che avevano subito l’attacco – si legge nell’appello – Abahlali baseMjondolo e molti osservatori tra cui leader religiosi, associazioni, ONG, accademici e semplici cittadini denunciano il ruolo ambiguo svolto dalla polizia locale e dai dirigenti locali dell’African National Congress (ANC)”. I movimenti chiedono anche il rilascio di Khaliphile Jali, Stutu Koyi, Zandisile Ngutshana, Siyabulela Mambi e Samukeliso Mkhokhelwa, 5 persone ancora detenute a Westville a seguito dell’attacco a Kennedy Road e non ancora informate, dopo 9 mesi, sulle motivazioni della loro incarcerazione.

Mondiali al contrario: Intervista Thembani Ngongoma

http://www.globalproject.info/it/mondi/Sudafrica-Mondiali-al-contrario/5061

Intervista a Thembani Jerome
2 / 6 / 2010

In Italia per la campagna «Mondiali al contrario» promossa dal settimanale Carta, alcuni missionari comboniani e altri cittadini, singoli e di organizzazioni sociali sono arrivati tre esponenti del Movimento Abahlali baseMjondolomoviment-o delle township sudafricane, represso dal potere e dalla polizia locali, che si batte per dare voce a chi vive negli slum e che il governo vorrebbe rendere invisibile e muto agli occhi dei turisti e degli atleti che si stanno recando in SudAfrica per la Coppa del Mondo di calcio.

Durante il giro in Italia Thembani Jerome è stato ospite del Presidio No Dal Molin a Vicenza.

Durante l’iniziativa è stata realizzata una intervista audio.

Nell’intervista si inizia con una valutazione sulla Coppa del Mondo e su come i poveri, che sono la maggioranza in Sudfarica non riceveranno niente da questo evento.

“La realtà delle baraccopoli non è cambiata dal 1994. Avevamo sperato di vivere in un altra maniera ma non la situazione non è cambiata. Il Governo ha costruito grandi stadi e grandi infrastruttre e non case per i poveri. Potremo andare a vedere una partita ma torneremo in case senza acqua, servizi ..

Quando chiediamo terra per costruire il nostro futuro ci viene detto che non si può che non ci sono leggi che ci diano il diritto alla terra.

Avevamo eletto questi politici per cambiare le leggi a favore dei poveri. Se guardiamo ai documenti del ANC quando lottavamo per la liberazione adesso niente di quello che è stato scritto è diventato realtà.

Ci sentiamo traditi e amareggiati per questo.

Per questo pensiamo di boicottare la Coppa del Mondo. La repressione immaginiamo sarà durissima ma non staremo in silenzio. Organizzeremo azioni vari per dire quello che pensiamo.

La nostra organizazione è basata sulla gente delle baraccopoli, dopo gli attacchi che abbiamo subito il movimento si è allargato ad altri settori sia urbani che rurali.

Siamo qui per raccontare la Coppa del Mondo dei poveri, di quelli che lottano ogni giorno e per far conoscere le nostri voci che oggi sono inascoltate dai nostri governi.”