Category Archives: Reverend Mavuso

“Climate Change and global warming are perpetrated by the Capitalists to oppress the poor to make profit”

“Climate Change and global warming are perpetrated by the Capitalists to oppress the poor to make profit”

by Reverend Mavuso of the Rural Network

We are told that our world is at risk from global warming caused by the pollution of the capitalists over many years. These same capitalists have become rich by making the rest of us poor. We were forced off our land, forced to work in their mines, factories and homes and now we are told that there are no more jobs for us. We are left to rot. For us the world has been in crisis for a very long time.

We cannot be expected to pay the price for global warming. Many of us don’t even have electricity in our homes. The price for fixing global warming must be paid by those that have become rich while disrespecting and damaging this world that God created for all of us.

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Why We Continue to Struggle Rather than Celebrating Freedom on Mandela Day

17 July 2011

Revolutionary radicals recalcitrant in their reflective refusal to revere “freedom days” are dubbed as reactionaries by our “democratic state”.

by Reverend Mavuso Mbhekeseni, Rural Network

The South African calendar is full of days on which we are asked to celebrate our freedom. There is Human Rights Day, Freedom Day, Worker's Day, Youth Day, Mandela Day, Women's Day and Heritage Day. These days are turned to months. Those of us who refuse to celebrate these days and months as if the struggle is over and who insist that the struggle goes on are called reactionaries.

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Sud Africa ha già perso

Sud Africa ha già perso

di Francesco Gastaldon e Filippo Mondini

A CAPE TOWN, negli ultimi mesi, sono stati espulse almeno ventimila persone dai vari «settlements» [insediamenti informali] della città per essere spostate di forza in casette costruite tra l’aeroporto e la città. L’opera di «beautification» [«abbellimento»] è cominciata. Ma questo la propaganda per i mondiali di calcio 2010 in Sud Africa non lo dice. È anche così che le autorità sudafricane si preparano a ospitare i mondiali in programma tra giugno e luglio. Nell’immaginario collettivo italiano il Sud Africa è noto per due cose: l’African national congress [Anc], il parti-to-Stato di Mandela, e i campionati del mondo 2010. Mandela e il suo partito fanno venire in mente momenti gloriosi di speranza e di liberazione, di lotta e di sacrificio. I mondiali di calcio, invece, fanno venire in mente una immagine di Africa che ce l’ha fatta, che finalmente ha raggiunto standard occidentali. E liberisti. Purtroppo questi due grandi miti, a un’osservazione meno superficiale, si rivelano ennesimi giganti dai piedi d’argilla. L’Anc ha ormai rivelato la sua natura antidemocratica. La repressione e gli omicidi politici contro il movimento sociale Abahlali baseMjondolo sono lì a ricordarlo [si vedano gli articoli pubblicati negli ultimimesi su Carta e su www.carta.org].

I campionati del mondo, al contrario, sono un mito più difficile da smontare. La potente retorica sudafricana ha fatto velocemente il giro del mondo e ormai anche in Italia si pensa ai prossimi mondiali di calcio come a un momento di redenzione collettiva, una grazia millenaria, una benedizione piovuta sul continente africano. Quello di cui non si parla, in Italia come in Sud Africa e in altri paesi, è l’impatto che questo mega-evento avrà sulla popolazione e soprattutto sui poveri. In passato i mondiali di calcio come le Olimpiadi hanno
sempre lasciato enormi debiti da pagare e strutture quasi inutilizzabili. La città di Montreal, ad esempio, ha impiegato circa trent’anni per ripagare il debito contratto in occasione delle Olimpiadi. Che cosa succederà in Sud Africa? Certamente, quello che il campionato del mondo non farà sarà ridurre le enormi disuguaglianze che il liberismo ha prodotto sul suolo africano, né eliminerà le guerre del petrolio in Darfur o nel Delta del Niger, né quelle del coltan [il minerale necessario per il telefonini] in Congo. Il campionato ha già consentito alle élites locali l’opportunità di riorganizzare le città secondo i loro interessi. Ma questo non è un fatto nuovo. Alcuni studi hanno dimostrato che i Giochi olimpici hanno consentito alle varie municipalità di sfrattare dalla città più di due milioni di persone, negli ultimi vent’anni. In occasione delle Olimpiadi di Pechino, furono sfrattate più di un milione di persone.

A proposito di nuovi stadi: poco più di un mese fa, il derby locale di Durban fra Maritzburg united e AmaZulu ha inaugurato ufficialmente il nuovo stadio Moses Mabhida, un’imponente opera architettonica, considerata uno dei migliori e più affascinanti impianti sportivi al mondo. Il nuovo stadio di Durban è uno dei fiori all’occhiello del Comitato organizzatore dei mondiali di calcio. Con più di settantamila posti a sedere, il Moses Mabhida sfoggia un arco panoramico a centodieci metri d’altezza che funge da ponte fra le due curve, con un trenino di produzione italiana che permetterà ai visitatori di ammirare il panorama della baia dall’alto, e un campo di erba verdissima importata dagli Stati uniti. Come scriveva qualche giorno fa un quotidiano locale, «nulla è stato trascurato per garantire a Durban uno dei migliori stadi al mondo». L’opera è costata 3,1 miliardi di rand sudafricani, circa duecentottanta milioni di euro, e sorge a poche centinaia di metri dal «vecchio» stadio di Durban.

In Sudafrica la gente comune chiama queste opere «white elephant», creazioni dal costo spropositato e dalla dubbia utilità: la certezza è che dopo luglio 2010 gli stadi di Durban, Cape Town, Johannesburg e altre città giaceranno inutilizzati e continueranno ad assorbire ingenti quantità di denaro per la manutenzione, sottraendolo ai programmi sociali per i più poveri. Il Sudafrica è il paese delle contraddizioni. Chissà se arrampicandosi sull’arco panoramico del Moses Mabhida si riusciranno a scorgere le abitazioni degli «shack dwellers», costruite di cartone pressato e legno inchiodato e con i tetti di lamiera che sorgono a decine di migliaia negli insediamenti informali di Durban e dintorni, proprio quegli «shack settlement» che le autorità vorrebbero «sradicare» prima di giugno per non turbare i tifosi.

La vera domanda allora è se un evento sportivo ed economico come i mondiali di calcio 2010 porterà benefici reali alla popolazione sudafricana, a quei milioni di cittadini che vivono sotto la soglia di povertà o che costruiscono il proprio «shack» ai margini delle città. Naturalmente, la propaganda del governo e della Fifa, la Federazione internazionale delle associazioni di calcio, descrive la coppa del mondo come un’occasione unica per il paese. Una delle illusioni più frequenti riguarda l’aumento dell’occupazione: l’evento dovrebbe aiutare quel 31 per cento di disoccupati [dato della fine del 2009] a trovare un lavoro. Questo mito, tuttavia, si sta dimostrando infondato, e ormai anche la diecistampa sudafricana se ne sta rendendo conto. Le assunzioni, nella maggior parte dei casi, sono state a brevissimo termine, lavori estremamente precari senza alcuna prospettiva di un impiego duraturo.

Solo a Durban, migliaia di operai edili e lavoratori delle costruzioni hanno già perso il lavoro dopo il completamento del nuovo stadio, e in tutto il paese saranno decine di migliaia quelli che riceveranno come regalo del nuovo anno un licenziamento. Il portavoce di uno dei principali sindacati sudafricani ha detto pochi giorni fa che più di metà degli iscritti si ritroverà disoccupato in pochi mesi, con la fine dei progetti faraonici pre-2010.

Al di là della propaganda, dunque, per i cittadini più poveri del Sud Africa la Coppa del mondo comporta conseguenze drammatiche. Per citare solo alcuni esempi, negli ultimi anni a Durban migliaia di venditori di strada sono stati cacciati dai mercati in cui operavano da anni, per fare spazio ai venditori ufficiali associati alla Fifa e per costruire nuovi parcheggi. A Cape Town e Johannesburg le zone intorno agli impianti sportivi sono state «ripulite» da senza tetto e baracche, e nel KwaZulu-Natal il governo ha approvato il famigerato Slums Act per imprimere un’accelerazione agli sgomberi delle baraccopoli, con l’obiettivo dichiarato di fare il «lifting» alla città di Durban e renderla una «world class city». Zodwa Nsibande, tra i promotori di Abahlali baseMjondo, spiega che «lo Slums Act che abbiamo sconfitto ricorrendo alla Corte costituzionale era stato scritto pensando ai mondiali del 2010». La situazione non è migliore fuori dalle città, in zone come le aree rurali dello Zululand, sulla costa che da Durban porta fino al Mozambico. L’organizzazione Rural Network, che lotta per il diritto alla terra degli abitanti delle aree rurali, sta resistendo ai progetti di «sviluppo» per l’area di Macambini che il governo locale sta promuovendo insieme a una multinazionale con sede a Dubai. Secondi i piani, diecimila famiglie perderebbero le case, i campi, i villaggi e il bestiame, per fare spazio a parchi a tema e hotel in una zona grande sedicimila ettari. Quattro cliniche pubbliche etrenta scuole verranno abbattute per costruire le strutture.
Il tutto, naturalmente, per attirare i turisti in vista del giugno 2010. Mavuso, coordinatore del Rural Network, commenta: «Distruggere scuole e ospedali, con un’operazione calata dall’alto: questo è lo sviluppo per il governo!».

A Johannesburg, Capetown, Bloemfontein, Durban, la forza dei bulldozer prepara con prepotenza la via ai mondiali. Come a Mbombela, che ospiterà alcune partite del mondiale in uno stadio da 45 mila persone nuovo. Un impianto bellissimo, costruito su 118 ettari di terra. Peccato che fosse una terra ancestrale abitata dagli Matsafeni una tribù Swazi che è stata forzatamente deportata. Chissà se rimarrà qualche traccia della loro presenza quando i turisti andranno da Mbombela al vicino Kruger Park.

La logica del governo, per ripulire le città e ripianificare, è creare Transit Camps, dove poter ospitare, loro dicono momentaneamente, finché non saranno pronte le case, i poveri. Ma i Transit Camps in Sud Africa fanno Paura e puzzano di apartheid, segregazione e oppressione.

Erano le stesse misure adottate da Peter Botha o Frederick De Klerk [presidenti del Sud Africa negli anni ottanta] per controllare meglio la popolazione. Ma questo l’Anc se l’è scordato e ripropone le stesse misure a Durban, dove centinaia di famiglie dovrebbero essere ridislocate a Syanda, a Johannesburg, Cape Town e in tutto il paese. Clamoroso è il caso di Johannesburg, dove dovrebbero essere sfrattate diverse migliaia di persone dal centro città. Ma gli abitanti si stanno organizzando per resistere. Dalla loro parte è anche un pezzo importante delle chiese sudafricane. Il KwaZulu Natal Church Leaders Group, in un comunicato diffuso dopo la repressione di Kennedy Road in settembre [in cui furono uccise tre persone e molte furono ferite], ha scritto che i sudafricani non sono pronti per farsi prendere in giro da illusori discorsi di sviluppo. I leader religiosi, tra cui il cardinale Wilfrid Napier, sostengono che la logica che muove la coppa del mondo è dettata dagli interessi delle élites e delle multinazionali. I poveri delle periferie non hanno posto in questo modello. Mzonke Poni, leader di Abahlaly, conclude: «Non ho tempo di pensare al calcio. Ho problemi più grandi».

Gli autori del reportage

Francesco Gastaldon, laureato in cooperazione e sviluppo all’università di Bologna, ha realizzato alcune ricerche a Durban, in Sud Africa, sugli insediamenti informali della città. Filippo Mondini è missionario comboniano a Castel Voltuno [Caserta] e ha vissuto molti anni in Sud Africa. Diversi loro articoli sono leggibili su carta.org.

Intimidation Continues

This addendum to yesterday's press release was received late last night via cellphone text message from Reverend Mavuso Mbhekeseni. Please contact the Reverend for further details on the threats to the clergy, the chairperson of the AbM Women's League and others, at the court yesterday.

The ANC mob was swearing at us in court saying that we are corrupt church leaders who support criminals. They threatened to catch us and kill us in the city. They said that they would describe us to all their people by the clothes we were wearing. They also threatened the chairperson of the AbM women's league although she was not present at the court. They threatened her by name, shouted and swore at her name, and said that she is a "a thief who wears pants bought with the money from Kennedy Road people." The ANC mob was armed with sticks and other sharp objects. They were highly intimidating and it was clear that their threats were serious – they meant what they were saying.
Reverend Mavuso Mbhekeseni

We also need to note that some of the ANC mob threatened AbM people with knobkerries, that they also claimed to have bush knives in the bus and threatened to kill people leaving the court and that threatening sexual gestures were made against elderly AbM women. One of the mob also openly said that their plan, when they attacked the AbM Youth Camp at Kennedy Road, had been to kill S'bu Zikode. Also, it is clear that the mob confused the chairperson of the AbM Women's League with her daughter – they are threatening her because she spoke on TV after the victory in the constitutional court.

Abahlali baseMjondolo Press Update
Monday 19 October 2009

Kennedy Thirteen Bail Hearing Adjourned

The Kennedy Thirteen appeared in the Durban Magistrate's Court today for a bail hearing. Once again the ANC bussed in its supporters. Once again they were hostile and aggressive and openly threatened to kill the Kennedy Thirteen if they are given bail. The arguments were heard and the decision will be given on Monday 26 October. In the meantime the Kennedy Thirteen will be kept in the notorious Westville prison.

Our movement was vindicated in the case of the Kennedy Six – we will be vindicated in this case too.

For comment on today's bail hearing please contact:

Reverend Mavuso Mbhekeseni: 072 279 2634
Shamita Naidoo: 074 315 7962

Eight More Arrests in Two More Settlements

On Thursday last week there were another eight arrests. Four people were arrested in the Foreman Road settlement and another four in the Arnett Drive settlement. This has extended the current wave of repression against the movement to 3 settlements and brought the total number of arrests to 21.

The police first descended on the Foreman Road settlement where they kicked in doors and arrested 4 people for Operation Khanyisa (i.e. connecting themselves to electricity in a city where shack dwellers have been officially denied access to electricity since 2001). They then went to the Arnett Drive settlement where they also kicked in doors and arrested 4 people for 'drinking in public'. In the previous wave of repression – from 2005 till late 2007 – this charge was often used against the movement. The police act as if a shack is not a private space and then arrest people having a beer in their own homes. This is a very dirty trick aimed at making being poor a criminal offense.

The politics of the poor developed by our movement was criminalised from 2005 till late 2007. Our movement came out of that phrase of repression stronger than we were when it began. We did not give up our struggle. We kept going. And after the March on Mlaba the City realised that it had to negotiate with us. From late 2007 until last month things were much easier in Durban (although not elsewhere) – we were negotiating with the City and making all kinds of progress. But now a decision has been taken to return to repression. We survived the first attempt to criminalise our movement and we will survive this attempt. Every arrest makes the real nature of the state more clear to more people. Every arrest makes the real nature of our democracy more clear to more people. We have no choice but to keep going forward with our struggle. Without struggle there is no hope for us or our children. We cannot accept that. Therefore we will not be defeated.

For comment on the arrests in Foreman Road and Arnett Drive please contact:

Philani Dlamini: 078 583 5451
Mama Nxumalo: 076 579 6198