Mondiali al Contrario: Abahlali e le valigie dei No Dal Molin

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MONDIALI AL CONTRARIO Abahlali e le valigie dei No Dal Molin

Il tour sociale dei sudafricani si è fermato per la sesta tappa nel comune di Santorso e presso il Presidio permanente No Dal Molin di Vicenza. Martedì, Milano [Chiara Spadaro]

Mi ricorda un po’ certi paesini d’Africa, con i loro mezzi di trasporto sgrangherati e confusionari, animati di quella confusione bella, che ti porta a stare vicino ad altre persone e conoscere storie nuove, e un po’ incredibili: il furgoncino con cui il vivace gruppo dei «Mondiali al Contrario» sta viaggiando attraverso l’Italia dei movimenti entra rumorosamente nella stretta via di casa nostra, a Vicenza, si ferma e fa scendere i suoi passeggeri. Li riconosco subito -Thembani Jerome, Busisiwe, Philani, Filippo, Fulvio e Serena -, dalle magliette rosse e il sorriso, mentre mi vengono incontro. La stretta di mano di Thembani Jerome è di quelle forti e decise: «Nice to meet you», sorride.

Dopo le presentazioni, ci sediamo in giardino, davanti allo sguardo un po’ incuriosito della vicina: qui mancano i maestosi alberi africani ed è invece tra l’orto e il pergolato che racconto al gruppo di Abahlali baseMjondolo la storia del movimento No Dal Molin. Sono storie di partecipazione che si incontrano e incrociano: questa sera Thembani Jerome, Busisiwe e Philani ci racconteranno nei tendoni del Presidio permanente la loro storia e i loro «Mondiali al contrario», così come faccio io ora. Mentre provo a concentrare nel poco tempo che abbiamo a disposizione le vicende del nostro territorio militarizzato e le azioni di donne e uomini che, dal basso, immaginano e provano a costruire quello che abbiamo chiamato l’«AltroComune di Vicenza», vengo ascoltata con attenzione; Thembani Jerome scuote la testa e di tanto in tanto mi rivolge qualche domanda indignata: «Quindi qui tutto è stato deciso senza che i cittadini sapessero e senza chiedergli un’opinione, è così?», mi chiede stupito. Sono storie simili che si ripetono, in posti differenti e lontani migliaia di chilometri, come Durban e Vicenza: fin da subito le storie dei nostri movimenti sembrano assomigliarsi, stessa democrazia calpestata, stesse decisioni prese «dall’alto» senza il coinvolgimento della popolazione e stessa determinazione nel rivendicare la partecipazione da parte di tante donne e uomini.

Non abbiamo molto tempo, in questo insolito «giardino africano»: risaliamo tutti insieme sul camioncino e partiamo per Santorso, un piccolo comune dell’altovicentino che – interessato alla storia del movimento Abahlali baseMjondolo –, ha approfittato della presenza di Thembani Jerome, Busisiwe e Philani per organizzare un incontro dei «Mondiali al contrario». Sul furgoncino c’è il navigatore [per fortuna: nessuno di noi conosce bene la strada]; l’autoradio non serve: è Thembani Jerome ad intonare le canzoni che animano il viaggio verso Santorso. A lui si unisce prima Philani [che filma ogni istante con il cellulare, traballante testimonianza da mostrare agli amici una volta tornato a Durban] e poi anche Busisiwe, che ha una voce bellissima e intensa. E’ a lei che chiedo il significato della canzone: «Dice ‘mamma non piangere’ – mi spiega –, parla delle donne che soffrono in Sudafrica. Sai, le donne sono sempre quelle che soffrono di più, perché sono loro a gestire le case e sono madri, che spesso vedono morire i loro figli. Così cantiamo per loro, e con loro».

Arriviamo a Santorso per questo appuntamento un po’ insolito, nel tour dei «Mondiali al contrario», perché organizzato da un Comune, anziché con l’appoggio di un movimento, un comitato o una parrocchia. Partecipano all’incontro assessori e consiglieri comunali, oltre a numerosi cittadini: la politica che – per una volta almeno – si siede ad ascoltare storie lontane e invisibili che ora sembrano più vicine. Ripartire per Vicenza è difficile, tra le tante domande del pubblico e le magliette rosse del movimento – vendute per autofinanziare il viaggio –, che vanno a ruba.

Lungo la strada verso il Presidio passiamo di fronte al cantiere in costruzione: i lavori per la nuova base militare statunitense procedono a pieno ritmo, ma i tendoni No Dal Molin han le radici ben piantante sempre sullo stesso terreno, e continuano ad essere un luogo di partecipazione e incontro tra chi non si rassegna. Le campagne del movimento, in questo periodo, riguardano due grandi temi: la rivendicazione del «Parco della pace» [l’area ovest del Dal Molin, lungo il confine della parte assegnata agli Stati uniti, dove i cittadini vorrebbero aprire un parco pubblico e un nuovo presidio per la smilitarizzazione del territorio] e l’acqua, verso il referendum per l’acqua pubblica [ricordiamo che la nuova base si sta costruendo sulla più grande falda acquifera del nord Italia].

In Presidio si mangia tutti insieme, nei tendoni, e poi introduce l’incontro con il movimento Abahlali baseMjondolo il piccolo spettacolo teatrale «Valigie», nato da un laboratorio tra persone di età e nazionalità diverse che frequentano una scuola di italiano per stranieri a Vicenza: ognuno porta sul palco la propria valigia, in un dialogo sui viaggi e le partenze, gli affetti che si lasciano e le nuove persone che si incontrano lungo la strada.

Chiuse le valigie, prende la parola Thembani Jerome: «Sono molto felice di essere qui, stasera. Le nostre storie e i nostri movimenti sono simili, tutti ci battiamo per la partecipazione dei cittadini». La serata passa veloce, tra i racconti di Thembani Jerome sulle baraccopoli, le parole in zulu di Busisiwe e la voce musicale di Philani. Filippo è puntuale, e traduce ogni dettaglio trasmettendo emozioni e sensazioni da questo Sudafrica nascosto. Alla fine si balla insieme, e viene un po’ da sorridere, vedendo Giorgio – il partigiano – ballare e cantare, accompagnato dalla voce profonda di Philani e Busisiwe, in quei tendoni consumati dalla partecipazione.