Category Archives: International Alliance of Inhabitants

Solidarity Statement from the International Alliance of Inhabitants

Dear Comrades

 
On behalf of the International Alliance of Inhabitants, I would like to extend our solidarity to the organisation during the current attacks upon your members. The viciousness of these is an indication of the real threat your voices pose to those elite interests who are more concerned with profits than the well-being of the citizens of South Africa.
 
The refusal of bail to Comrade Bandile is an outrage to justice. She is an outstanding figure in the fight for social justice whose only 'crime' is to organise against injustice and oppression. Our thoughts are with her and all the comrades of Abahlali. Abahlali baseMjondolo is a leading example of the power of independent peoples' organisations which do not allow their voices to be mediated or domesticated by NGOs or 'professionals'. We recognise the sacrifice of those whose voices have been silenced by murder, those whose bodies have been broken by thugs, and their families who have suffered for their principles.

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Il nostro ergastolo nelle baraccopoli

http://eng.habitants.org/news/inhabitants_of_africa/south_africa_serving_our_life_sentence_in_the_shacks/%28language%29/ita-IT

Il nostro ergastolo nelle baraccopoli

Cittadini da tutto il Sudafrica ci chiedono perché il governo continui ad ignorare le richieste degli abitanti delle baraccopoli. Ci chiedono perché, nonostante le innumerevoli proteste, le riunioni, le dichiarazioni ai media e l’attenzione della stampa, l’insediamento di Kennedy Road continui a bruciare, riferendosi in particolare all’ incendio del 4 luglio 2010 che ha causato la morte di 4 persone e lasciato più di 3,000 persone sgomberate e senza un tetto.

Senza dilungarci per spiegare questa tragedia, che sembra non avere fine, abbiamo risposto che gli abitanti delle baraccopoli sud africane stanno di fatto scontando un vero e proprio ergastolo. Tutti sanno che siamo la parte di popolo che non conta, che non ha voce in capitolo e dobbiamo affrontare il fatto di essere stati condannati all’esclusione permanente dall’intera comunità.

Nel corso degli anni è divenuto sempre più chiaro che città, scuole efficienti e persino servizi basilari come bagni, elettricità e protezione da incendi e dal crimine, non erano a nostra disposizione. Quando abbiamo richiesto che ci venissero concessi siamo stati dipinti come persone irragionevoli, troppo pretenziose e persino pericolose per la società. Se avessimo avuto voce in capitolo ed equa considerazione all’interno della società, sarebbe stato ovvio che la reale minaccia per la società è lasciarci vivere nel fango e in mezzo al fuoco, senza bagni, elettricità, rubinetti e senza dignità.

L’attesa dell’assegnazione di un nuovo alloggio non ci libera da questo ergastolo, a volte la consegna non arriva mai, altre volte la consegna arriva e peggiora soltanto le cose forzandoci a vivere dentro baraccopoli “statali” , peggiori di quelle che noi stessi ci siamo costruiti e che si trovano in discariche umane lontane dalle città. L’assegnazione di un alloggio può diventare un modo di formalizzare la nostra esclusione dalla società.

Oltre all’esclusione fisica dalla società, dalle sue città e dalla possibilità di usufruire di scuole, elettricità, servizio di nettezza urbana e fognature, l’ergastolo cui siamo stati condannati ci ha anche estromesso dalla partecipazione ai dibattiti e alle decisioni che riguardano l’intera comunità.

Tutti sanno della repressione perpetrata nei nostri confronti dallo Stato e anche dal partito attualmente al potere e tutti sanno degli anni di detenzione e dei pestaggi da parte della polizia prima, e degli attacchi al nostro movimento nell’insediamento di Kennedy Road, dopo.

Abbiamo sempre sostenuto che per il governo e per il partito al potere, il crimine di cui ci siamo macchiati è stato quello di avere organizzato e mobilitato i poveri sottraendoli al loro controllo. Abbiamo provveduto a noi stessi, discutendo e prendendo le nostre decisioni sulle questioni per noi importanti. Abbiamo chiesto al governo di essere reinseriti nella società e abbiamo chiesto che ci venisse dato il necessario per vivere una vita sicura e dignitosa. Abbiamo fatto del nostro meglio per rendere le nostre comunità dei posti migliori. Abbiamo creato asili, organizzato campagne per pulire le strade, allacciato acqua e elettricità e abbiamo unito gli abitanti nonostante tutte le divisioni. Abbiamo affrontato molte sfide, ma ci siamo sempre impegnati per assicurare che ognuno venisse trattato con uguale rispetto e dignità.

L’auto-organizzazione dei poveri per i poveri ha fatto sì che coloro che avrebbero dovuto discutere e decidere per conto nostro – per noi ma in nostra assenza – si ritrovassero senza lavoro. La nostra scelta di costruire da soli il nostro futuro può quindi risultare indigesta a coloro che non possono più continuare a parlare a nome nostro, senza interpellarci. Alcune delle persone che affermano di essere dalla parte dei poveri e che hanno poi rifiutato la nostra richiesta di lottare con noi e non di agire a nome nostro sono all’interno del governo. Alcuni sono nel partito al potere, altri nei partiti di sinistra, spesso nelle università e nelle ONG: questi ultimi si considerano progressisti e usano le nostre battaglie e le nostre sofferenze per arrivare ad occupare il posto dell’attuale partito. Definiamo questo tipo di sinistra “regressista”, perché una sinistra al di fuori del governo che, come i partiti al potere, cerca seguaci e non compagni e cerca di abbattere qualsiasi forma di governo che non la include, è profondamente regressiva.

Abbiamo resistito e sempre resisteremo a qualsiasi loro tentativo di comprare la nostra lealtà proprio come abbiamo sempre resistito ai medesimi tentativi da parte del partito al potere. Resisteremo anche agli innumerevoli tentativi di intimidazione per costringerci ad abbandonare la nostra autonomia. Difenderemo sempre i nostri compagni quando saranno attaccati. Il nostro movimento apparterrà sempre e solo ai suoi membri. Discutiamo di molte questioni, accettiamo compromessi se questo ci permette di andare avanti, ma in questo caso non scenderemo mai a patti. Abbiamo fatto molto per noi stessi, ma ciò che non abbiamo ancora fatto è stato assicurarci la terra ed alloggi decenti all’interno delle nostre città. Abbiamo fermato gli sfratti e non torneremo più indietro, è stata dura andare avanti, ma siamo stati fermi sulle nostre posizioni e abbiamo ottenuto delle vittorie qua e là.

La nostra lotta ha offeso le autorità di governo e questo è diventato particolarmente evidente quando il governo provinciale di KwaZulu-Natal ha approvato il famoso “Slums Act” – che comportava l’esclusione degli abitanti delle baraccopoli dalle città – l’avere sfidato lo “Slums Act” di fronte alla Corte Suprema ha ostacolato i piani del governo che intendevano formalizzare il nostro isolamento dalla società sradicando i nostri insediamenti e piazzandoci in vere e proprie discariche umane.

Il patto con il municipio di eThekwini di migliorare due insediamenti e di rifornire altri 14 insediamenti di servizi base é stato un altro colpo ai programmi di sradicamento del governo. Il recente annuncio del municipio di eThekwini di fornire agli insediamenti presenti in città i servizi e, per la prima volta dal 2001, l’elettricità è un’altra vittoria nonché un altro importante colpo al piano di sradicamento governativo. Stiamo lottando lentamente, ma fermamente contro il progetto di sradicamento del governo. Avevamo lanciato l’allarme perché i mondiali in Sudafrica non avrebbero portato benefici ai più poveri, avevamo avvertito che avrebbero anzi reso i poveri ancora più vulnerabili. L’avvicinarsi dei mondiali ha fatto sì che ci fossero più sfratti e processi in diverse parti del paese. I venditori ambulanti che non avevano un permesso per vendere in determinate zone si sono visti confiscare i beni e i taxi sono stati decimati dai sequestri.

Anche sollevare questo genere di questioni e condannare gli attacchi ai poveri come gesti immorali e illegittimi è stato un vero e proprio schiaffo in faccia alle autorità. Sebbene i più poveri abbiano contribuito alla costruzione degli alberghi e degli stadi, essi sono stati esclusi da ogni beneficio. Il governo africano ha impiegato il suo budget nel tentativo di creare un “paese mondiale” senza tenere conto delle necessità del popolo come i problemi dell’alloggio e della fornitura di servizi basilari. La cifra spesa per i mondiali avrebbe potuto dare alloggio ad almeno 1 milione di persone indigenti. Sebbene riconosciamo l’impegno del governo per questo evento pensiamo che tale sforzo sarebbe potuto essere indirizzato per portare i servizi base e le infrastrutture ai poveri , così nelle baracche non si sarebbero sviluppati questi continui incendi.

La verità sugli attacchi al nostro movimento è sempre stata la stessa, non possiamo commentare fatti attualmente in corso di giudizio, ma la nostra richiesta di una commissione di indagini indipendente che faccia luce su questa storia resta invariata. I Kennedy 5, una parte di coloro che stanno già scontando il loro ergastolo dentro e fuori dalle prigioni, sono stati recentemente rilasciati dal carcere di Westville.

Hanno già scontato 10 mesi di carcere senza che vi fosse prova della loro colpevolezza e senza che la corte spendesse una parola a proposito della loro detenzione illegale. La costituzione del Sudafrica afferma che non può esserci alcuna detenzione senza processo e che nessuno può essere detenuto per più di 24 ore senza un’udienza di cauzione. il fatto che, fino al rilascio dei 5 fermati, il processo sia stato condotto come un processo politico contro ogni dettame legislativo, sebbene celebrato in tribunale, ci dimostra qualcosa di molto importante a proposito della situazione dei poveri nel Sudafrica post-apartheid. Coloro i quali ci hanno già condannati hanno interesse ad escluderci per sempre dal ricorso equo e legale alla legge e quando non riescono a raggiungere il loro scopo cercano di minare il sistema dall’alto. Il movimento insiste che il potere sia del popolo, come scritto nel famoso Capitolo della Libertà. Abahlali continuerà ad insistere su questo punto. La forza e l’autonomia del movimento ci obbliga tutti a lottare per un mondo migliore, che sia libero, leale e attento alle sue creature. Restiamo convinti che la terra e la ricchezza debbano essere condivise equamente. Siamo convinti che ogni persona al mondo ha lo stesso diritto decisionale sul proprio futuro. Dobbiamo resistere ai nostri carcerieri, che facciano parte dello stato o dei partiti di sinistra, e pretendere di avere eguale peso nei dibattimenti e nelle decisioni.

Sappiamo anche che il governo sudafricano tiene a dare un’ottima immagine di sé alla comunità internazionale e teme di fare una pessima figura. Il governo vuole mostrare al mondo le città del calcio e nascondere eTwawa, Blikkiesdorp, Westville prison, le formiche rosse e le baracche che bruciano in tutto il paese. Ringraziamo tutti gli attivisti e le organizzazioni internazionali che hanno espresso la loro preoccupazione per la repressione che abbiamo subìto e coloro che hanno organizzato proteste contro i diplomatici sudafricani nei loro rispettivi paesi.

Speriamo che il Sudafrica diventi uno dei paesi più attivi in ambito umanitario nel mondo e speriamo che un giorno la nostra società sarà un’ ispirazione per voi piuttosto che uno shock. Come movimento Abhalali ci siamo impegnati per raggiungere questo scopo. Ma attualmente stiamo scontando il nostro ergastolo sociale e lottando contro coloro che vogliono tenerci imprigionati nella nostra povertà, coloro che ci hanno relegati ai margini delle città e della vita partecipativa.

Riconosciamo alla nostra umanità e alla forza delle nostre lotte il potere di riuscire ad ottenere il pieno riconoscimento della nostra umanità e pertanto continueremo a rifiutare con determinazione il posto affidatoci da altri all’interno di questa società.

Sottoscritto da Zodwa Nsibande and S’bu Zikode – Movimento Abahlali baseMjondolo

Il movimento Abahlali baseMjondolo insieme al Landless People’s Movement (Gauteng), al Rural Network (KwaZulu-Natal) e alla Campagna anti-sfratto di Western Cape è parte dell’Alleanza dei Poveri – una rete nazionale di appartenenza democratica che si basa sui Movimenti dei poveri.

Condamnés à vivre à perpétuité dans nos cabanes

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Condamnés à vivre à perpétuité dans nos cabanes

Le peuple d’Afrique du Sud a demandé aux leadersdu mouvement Abahlali Base Mjondolo pourquoi le gouvernement continue à ignorer les demandes des habitants des taudis. Ils ont demandé pourquoi, après toutes les manifestations, déclarations, rapports et réunions, Kennedy Road continue de brûler sous les incendies des cabanes.

Ils ont notamment fait référence au récent feu de cabane du dimanche 4 juillet 2010, tuant 4 personnes et laissé plus de 3000 personnes sans abri.

Sans rentrer dans les détails pour expliquer cette tragédie perpétuelle, nous avons répondu que les habitants des taudis de l’Afrique du Sud sont condamnés à vie. Tout le monde sait que nous ne sommes pas des gens qui compte dans cette société. Mais la vérité à laquelle nous devons faire face est que nous avons été condamnés à une exclusion permanente de cette société.

Au fil des ans, on nous a fait comprendre que les villes ne sont pas pour nous, que les bonnes écoles ne sont pas pour nous, et que même les besoins les plus fondamentaux tels que l’hygiène, l’électricité, la protection contre les incendies et contre la criminalité ne seront pas remplis pour nous. Quand nous demandons après ces choses, nous sommes présentés comme déraisonnables, trop exigeants, et même comme une menace pour la société. Si nous étions considérés comme des gens qui compte, comme une part égale de la société, alors il serait évident que la véritable menace à l’encontre de notre société serait que nous vivions dans la boue, sans toilettes, sans électricité, sans assez de robinets et sans dignité.

Attendre notre « libération » ne nous délivrera pas de notre condamnation. Parfois la « libération » n’arrive jamais. Quand la « libération » vient, cela rend souvent les choses encore pires en nous forçant à vivre dans les cabanes du gouvernement, qui sont pires que les nôtres, qui sont des dépotoirs humains construits en dehors des villes. La « libération » devient un moyen d’officialiser notre exclusion.

Mais nous n’avons pas seulement été condamnés à l’exclusion permanente physique de la société et de ses villes, de ses écoles, de son électricité, de son système d’assainissement ou de traitement des ordures. Notre condamnation nous met aussi à l’écart des discussions qui peuvent avoir lieu dans notre société. Tout le monde est au courant de la répression que nous avons subi de la part de l’État, mais aussi maintenant, du parti au pouvoir. Tout le monde est courant des années d’arrestations et des passages à tabac dont nous avons soufferts entre les mains de la police, des attaques contre notre mouvement à Kennedy road.

Nous avons toujours affirmé, qu’aux yeux de l’État et du parti au pouvoir notre véritable crime fut d’organiser et de mobiliser les pauvres, en dehors de leur contrôle. Nous avons pensé pour nous-mêmes, examiné toutes les questions importantes pour nous, et pris les décisions sur toutes ces questions qui nous touchent. Nous avons exigé que l’État nous compte dans la société et nous donne ce dont nous avons besoin pour une vie digne et sûre. Nous avons aussi fait tout ce que nous pouvions pour faire de nos communautés de meilleurs endroits pour des êtres humains. Nous avons créé des crèches, organisé des campagnes de nettoyage, raccordé des gens à l’eau et à l’électricité, essayé de rendre nos communautés plus sûres, et travaillé très dur pour unir les gens de toutes les quartiers. Nous avons relevé de nombreux défis, mais nous avons toujours veillé dans l’ensemble de ce travail à ce que tout le monde traite l’autre avec respect et dignité.

L’auto-organisation des pauvres par les pauvres et pour les pauvres veut dire que tout ceux qui sont censés penser, discuter et prendre des décisions en notre nom – pour nous, mais sans nous – n’ont plus d’emploi. Notre décision de construire notre propre avenir n’est donc pas facile à accepter pour ceux qui ne peuvent plus continuer à décider et prendre la parole pour nous, mais sans nous. Certaines des personnes qui ont refusé d’accéder à notre demande sont ceux qui disent qu’ils sont pour la lutte des pauvres, mais pas au nom des pauvres de l’État. Certains sont au pouvoir. Certains sont de la gauche, souvent des universitaires ou des ONGs qui se considèrent comme une élite plus progressiste que celle du parti et de l’État, et qui visent à prendre place au nom de nos souffrances et de nos luttes.

Nous appelons cette gauche la gauche régressive. Pour nous le gauchisme en dehors de l’État, tout comme le parti au pouvoir, souhaitant des disciples et non des camarades, et qui est déterminé à ruiner toute politique qui ne peut se prononcer, est profondément régressive. Nous avons toujours résisté et résisteront toujours à leur tentative d’acheter notre loyauté comme nous avons toujours résisté et résisteront toujours aux tentatives de l’État et du parti au pouvoir d’acheter notre loyauté. Nous résisterons aussi à toutes les tentatives d’intimidation visant à abandonner notre autonomie. Nous défendrons toujours nos camarades lorsqu’ils seront attaqués. Notre mouvement sera toujours détenu par ses membres. Nous négocions sur de nombreux problèmes. Lorsque nous devons faire des compromis pour aller de l’avant, nous le faisons parfois. Mais sur cette question il n’y aura jamais de négociation.

Nous avons fait beaucoup pour nous-mêmes, et par nous-mêmes. Mais depuis longtemps, ce que nous ne parvenions pas à faire pour nous était d’assurer de bonnes terres et des logements décents dans nos villes. Nous avions stoppé les expulsions, et nous ne reculions plus, mais c’était une vraie lutte d’aller de l’avant. Mais nous avons continué à pousser et faire quelques progrès ici et là. Cela a vraiment offensé les autorités au pouvoir. C’est devenu très clair et évident lorsque le gouvernement de la province de KwaZulu-Natal a adopté la fameuse loi sur les bidonvilles (Slums Act), signifiant que les habitants des taudis n’auront plus jamais de place dans nos villes. Notre contestation de la loi sur les bidonvilles auprès de la plus haute juridiction du pays a été couronnée de succès : elle a été un grand revers pour le plan du gouvernement visant à officialiser notre condamnation à vie par l’éradication de nos établissements et nos installations dans les dépotoirs humains. L’accord que nous avons négocié avec la municipalité d’eThekwini pour moderniser deux établissements et fournir des services de bases à quatorze établissements a été un autre frein à l’ordre d’éradication des politiciens. L’annonce récente de la municipalité d’eThekwini d’adhérer à notre demande de fourniture de services y compris, pour la première fois depuis 2001, d’électricité aux établissements à travers la ville, est une nouvelle victoire de notre lutte, et un nouveau revers majeur pour l’agenda d’éradication. Nous vainquons doucement mais sûrement les plannings d’éradication.

Quand l’Afrique du Sud a accueilli la Coupe du Monde, Abahlali a prévenu que ça ne serait pas profitable aux plus pauvres des pauvres de notre pays. Nous avons dit que ça rendrait les pauvres plus pauvres et plus vulnérables. En prélude à la Coupe du monde il y eut encore plus d’expulsions et d’affaires judiciaires dans les différentes régions du pays. Les pauvres marchands ambulants des rues ont vu leurs biens confisqués car ils n’avaient pas de permis pour vendre dans les zones réglementées, et l’industrie du taxi a subi la mise en fourrière de ses taxis. Arrêter la course à la célébration de la Coupe du monde en soulevant toutes ces questions et en condamnant toutes ces attaques immorales et illégitimes contre les pauvres a été comme une gifle en pleine figure pour les autorités. Malgré le fait que ces stades de football énormes, hôtels et autres projets aient été construits par les plus pauvres des pauvres, ils n’en ont pas bénéficié. Le gouvernement sud-africain a dépassé son budget dans la construction d’un « pays de classe mondiale » et ne pouvait pas équilibrer ces dépenses avec les besoins sociaux tels que des logements et la fourniture de services de base. L’argent qui a été dépensé pour la Coupe du monde aurait pu servir à construire au moins un million de logements pour les pauvres. Bien que nous reconnaissions les efforts qui ont été fait pour cet événement, nous pensons toujours que cet effort aurait pu servir à offrir des services et des infrastructures de base aux pauvres. Si cela avait été le cas, alors les habitants des taudis n’auraient pas été à chaque fois touchés par ces incendies incessants.

La vérité à propos de l’attaque contre notre mouvement a toujours été ferme et n’a jamais changée. Nous ne pouvons pas faire de commentaires publics sur des questions qui sont sous jugement, mais notre demande pour une commission d’enquête indépendante qui apporterait la lumière sur toute l’histoire demeure inchangée. Les Kennedy 5, une partie de ceux qui ont déjà purgé leur peine dans et en dehors des prisons, ont été libérés de la prison de Westville. Ils avaient déjà purgé dix mois de prison sans qu’aucune preuve de leur culpabilité n’ait été portée à la cour et sans qu’aucun tribunal ne dise quelque chose sur leur détention illégale. La constitution sud-africaine stipule qu’il ne doit y avoir aucune détention sans procès et qu’une personne ne peut être détenue plus de 24heures sans une audience de cautionnement appropriée. Le fait que, jusqu’à la libération des Kennedy 5, ce procès a été mené comme un procès politique en dehors des règles de la loi, même s’il avait lieu dans une cour de justice, nous montre quelque chose de très important sur la situation des pauvres dans l’après Apartheid de l’Afrique du Sud. Ceux qui ont rendu une sentence à perpétuité à notre égard veulent toujours nous exclure de l’accès juste et équitable à la cour de justice et à ses lois. Quand ils ne parviennent pas à atteindre cet objectif par la commercialisation du système juridique, ils sont prêts à miner activement le système d’en haut.

Le mouvement insiste sur le fait que le peuple doit gouverner, c’est que ce dit la célèbre Charte de la Liberté. Abahlali y tient. La force et l’autonomie du mouvement nous oblige tous à œuvrer pour un monde équitable, un monde libre, un monde juste et un monde qui s’occupe de ses créations. Nous restons convaincus que la terre et la richesse de ce monde doivent être partagées de manière juste et équitable. Nous restons convaincus que chaque personne de ce monde a le même droit de contribuer à toutes les débats et aux prises de décision sur leur propre avenir. Pour réussir nous devons être humbles mais fermes dans ce que nous pensons être juste. Nous devons résister à tous nos geôliers, qu’ils soient de l’État, du parti ou de la gauche régressive, et prendre notre place comme leurs égaux dans toutes les discussions.

Nous savons aussi que le gouvernement sud-africain veut toujours faire bonne figure aux yeux de la communauté internationale et qu’il craint la honte et le déshonneur. Ils veulent montrer au monde Soccer City, mais cacher eTwatwa, Blikkiesdorp, la prison de Westville, les fourmis rouges, et les incendies des taudis dans tout le pays. Nous tenons à remercier tous les militants et organisations internationales qui ont fait part de leurs préoccupations contre la répression que nous avons rencontrée, y compris ceux qui ont organisé des manifestations contre les diplomates sud-africains dans leurs pays respectifs.

Nous espérons que l’Afrique du Sud deviendra un des pays qui compte pour le monde. Nous espérons qu’un jour notre société sera une source d’inspiration, plutôt qu’un choc pour vous. Comme Abahlali nous nous sommes engagés à atteindre cet objectif. Mais présentement nous sommes condamnés à la lutte contre tous ceux qui essaient de nous garder confinés dans la pauvreté, tous ceux qui exigent que restions à notre place – notre place dans les villes, et nos places dans les débats. Nous avons reconnu notre propre humanité et la puissance de nos luttes pour forcer la reconnaissance totale de notre humanité. Par conséquent nous restons déterminés à continuer de refuser de rester à notre place.

Écrit par Nsibande Zodwa et Zikode S’bu – Abahlali baseMjondolo mouvement SA.

Abahlali baseMjondolo, avec le Landless People’s Movement (Mouvement des gens sans terre) (Gauteng), le Rural Network (réseau rural) (KwaZulu-Natal) et le Western Cape Anti-Eviction Campaign (Campagne d’anti-expulsion du Cap-Occidental), fait partie de la Poor People’s Alliance (Alliance des pauvres)– un réseau national de l’adhésion démocratique fondée des mouvements des populations pauvres.

Condenados de por vida a los asentamientos precarios

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Condenados de por vida a los asentamientos precarios

En toda Sudáfrica, la gente nos pregunta a los líderes de Abahlali baseMjondolo por qué motivo el gobierno sigue ignorando las demandas de los habitantes de los asentamientos precarios. La gente se pregunta por qué, después de tantas marchas, declaraciones, informes y reuniones, no se ha dado solución a los interminables incendios que están destruyendo el asentamiento Kennedy Road.

En particular, las preguntas se refieren al reciente incendio ocurrido el domingo 4 de julio de 2010, en el asentamiento Kennedy Road, que causó la muerte de cuatro personas y dejó a otras tres mil personas desplazadas y sin techo.

Sin hallar demasiadas palabras para explicar esta continua tragedia, les hemos respondido que, en la práctica, los habitantes de los asentamientos de Sudáfrica están purgando una cadena perpetua. Todo el mundo sabe que nosotros, los habitantes de estos asentamientos, no somos tenidos en cuenta por la sociedad sudafricana. Lo cierto es que la situación que enfrentamos es la de estar sentenciados a una exclusión permanente de esta sociedad.

A lo largo de los años, nos hicieron saber que las ciudades no son para nosotros, que las buenas escuelas tampoco lo son y, más aún, que nuestras necesidades básicas más elementales –como baños, electricidad, y protección contra el riesgo de incendios y la inseguridad– jamás serán satisfechas. Cuando protestamos, nos contestan que nuestras demandas son disparatadas, demasiado exigentes e, incluso, una amenaza para el resto de la sociedad. Si la sociedad nos considerara miembros con iguales derechos, quedaría claro que la verdadera amenaza es que tengamos que vivir indignamente, en el lodo y bajo la amenaza del fuego, sin baños, ni electricidad, ni agua corriente.

Esperar las ‘dádivas’ del gobierno no va a liberarnos de la condena en que vivimos. En ocasiones, las ‘dádivas’ no llegan. Y, cuando lo hacen, suelen empeorar la situación porque el gobierno nos obliga a trasladarnos a sus asentamientos, que son más precarios que los que hemos construido por nuestros propios medios y, además, están ubicados muy lejos de las ciudades, como si se trataran de vertederos humanos. Así planteadas, las ‘dádivas’ del Estado constituyen un modo de formalizar nuestra exclusión de la sociedad.

Pero no sólo fuimos condenados a la exclusión física y permanente de la sociedad, sus ciudades y sus escuelas, y privados de los servicios eléctricos, la recolección de residuos y los sistemas de desagüe y alcantarillado. Nuestra condena también nos ha eliminado de las discusiones que tienen lugar en la sociedad. Todo el mundo sabe que sufrimos la represión del Estado y ahora, también, del partido gobernante. Todo el mundo sabe que por años sufrimos arrestos y golpizas a manos de la policía y también saben del ataque que nuestro movimiento sufrió en el asentamiento Kennedy Road.

Siempre sostuvimos que, a los ojos del Estado y del partido gobernante, nuestro verdadero crimen es haber organizado y movilizado a los pobres sin que pudieran controlarnos. Hemos pensado por nosotros mismos, discutido los asuntos importantes entre nosotros, y tomado nuestras propias decisiones en todo aquello que nos afecta directamente. Hemos pedido al Estado que nos incluya en la sociedad y nos proporcione lo que necesitamos para llevar una vida digna y segura. También hemos dado lo que estuvo a nuestro alcance para hacer de cada una de nuestras comunidades un lugar digno de la vida humana. Hemos creado guarderías infantiles, organizado campañas de saneamiento, conectado las redes de agua y electricidad, tratado de garantizar la seguridad y trabajado muy duro para unir a toda nuestra gente más allá de cualquier diferencia. Hemos enfrentado muchos desafíos pero siempre nos aseguramos de tratar al otro con respecto y dignidad.

La auto organización de los pobres, es decir, la organización de los pobres para los pobres, ha dejado sin trabajo a todos aquellos que supuestamente deberían haber pensado, discutido y tomado decisiones en nuestro nombre, por nosotros pero sin nosotros. Nuestra decisión de construir nuestro futuro quizás no resulte fácil de aceptar para quienes, de ahora en más, deberán abstenerse de tomar nuestras decisiones o hablar en nuestro nombre sin consultarnos. Algunos de los que se negaron a aceptar nuestra demanda de que, quienes se dicen defensores de los pobres, deben actuar junto a ellos y no a sus espaldas, forman parte del Estado. Otros están en el partido de gobierno. Y otros, en esa parte de la izquierda, a menudo en las universidades y las ONG, quienes se ven a sí mismos como una élite más progresista que los representantes del partido y el Estado, y que esperan ocupar un lugar para hablar de nuestro sufrimiento y de nuestras luchas.

Para nosotros, ésta es una izquierda retrógrada. Para nosotros, toda izquierda que esté por fuera del Estado pero que, como el partido gobernante, busque seguidores en vez de compañeros, y esté dispuesta a arruinar cualquier intento político que no pueda controlar, es una izquierda profundamente retrógrada. Resistimos y seguiremos resistiendo siempre sus intentos de comprar nuestra lealtad del mismo modo en que resistimos y seguiremos resistiendo los idénticos intentos del Estado y el partido gobernante. También resistiremos sus intimidaciones para que renunciemos a nuestra autonomía. Defenderemos a nuestros compañeros de cualquier ataque. Nuestro movimiento será siempre un movimiento de todos sus miembros. Nos sentaremos a negociar muchos asuntos y aceptaremos, de ser necesario, ciertos compromisos que nos permitan seguir adelante. Pero nuestra autonomía jamás será negociada.

Hicimos muchas cosas por nosotros y para nosotros, pero por mucho tiempo, fracasamos en nuestro intento de garantizarnos un suelo seguro y viviendas dignas en nuestras ciudades. Pudimos impedir los desalojos y no retrocedimos ni un paso en nuestros logros, pero la lucha más dura es la de seguir adelante. No obstante, seguimos logrando pequeños avances aquí y allá. Y, con ello, hemos molestado mucho a las autoridades del partido. Así lo demostró claramente el gobierno provincial de KwaZulu-Natal al sancionar la nefasta Ley de Asentamientos, que dictamina que los residentes de los asentamientos no tendremos nunca un lugar en las ciudades. Nuestra exitosa impugnación de la Ley de Asentamientos ante la Corte Suprema de Justicia significó un gran tropiezo para los planes del gobierno de formalizar nuestra condena perpetua, erradicando nuestros asentamientos e instalándonos en vertederos humanos aislados. El trato que hicimos con el municipio de eThekwini para remozar dos asentamientos y proveer de servicios básicos a otros catorce significó un nuevo escollo para los planes de erradicación de nuestros políticos. El reciente anuncio del municipio de eThekwini de que accederán a nuestras demandas de servicios para los asentamientos de la ciudad, entre los que, por primera vez desde 2001, se incluirá el abastecimiento de electricidad, es otra victoria de nuestra lucha y una importantísima derrota para el gobierno. La derrota de los planes de erradicación es lenta, pero segura.

Mientras se jugaba la Copa del Mundo en Sudáfrica, Abahlali advirtió que esto no traería ningún beneficio para los pobres de nuestro país. Avisamos que esto sólo los haría todavía más pobres y más vulnerables. En el camino a la Copa del Mundo aumentaron los desalojos y los casos judiciales pendientes en diferentes partes del país. A los vendedores ambulantes se les confiscaron sus mercaderías porque no tenían permiso de vender en zonas restringidas y a los taxistas y compañías de taxis se les incautaron sus unidades. Cuestionar el entusiasmo por la celebración de la Copa del Mundo, planteando estas preguntas y calificando los ataques a los más pobres de inmorales e ilegítimos, ha sido una bofetada para las autoridades. Aunque los enormes estadios de fútbol, los lujosos hoteles y otros proyectos fueron construidos por los más pobres, los beneficios han ido a parar a otras manos. El gobierno sudafricano gasto más de lo que su presupuesto decía, al construir un ‘país de clase mundial’ y ahora no dispone de los fondos necesarios para satisfacer las demandas sociales de viviendas y servicios básicos adecuados. Con la suma invertida en el Campeonato mundial de fútbol se podrían haber construido al menos un millón de viviendas para los pobres. Si bien reconocemos los esfuerzos realizados para llevar a cabo el evento, seguimos insistiendo en que dicho esfuerzo podría haberse utilizado para proveer de infraestructuras y servicios básicos a los más pobres. De haber sido así, los habitantes de los asentamientos no estarían permanentemente expuestos al riesgo de estos incendios accidentales.

La verdad sobre el ataque a nuestro movimiento es siempre la misma. No podemos hacer comentarios públicos sobre asuntos que están en manos de la justicia, pero insistimos en que se designe una comisión investigadora independiente que aclare esta historia. Los cinco de Kennedy Road (quienes son sólo una parte de los muchos que cumplen condenas de por vida dentro y fuera de las cárceles) han sido liberados de la prisión de Westville. Los cinco han cumplido diez meses de encarcelamiento sin que nadie haya presentado pruebas de su culpabilidad, y sin que la corte se haya pronunciado acerca de sus detenciones ilegales. La Constitución de Sudáfrica establece que no puede haber castigo sin juicio y que una persona no puede ser detenida por más de 24 horas sin la correspondiente audiencia de fianza. Hasta la liberación de los cinco de Kennedy, este juicio fue tratado como un juicio político, sin tener en cuenta los principios del derecho, pese a llevarse a cabo en un tribunal de justicia: este hecho nos revela cuál es la verdadera posición de los pobres en la Sudáfrica postapartheid. Aquellos que nos impusieron esta condena, también nos niegan un acceso justo e igualitario a los tribunales y una igualitaria aplicación de los principios del derecho. Cuando no pueden lograr estetratando al sistema legal como una mercancía, se muestran más que dispuestos a socavar el sistema desde arriba.

Nuestro movimiento insiste en que, tal como lo establece la famosa Carta de la Libertad, es el pueblo el que gobierna. Abahlali comparte lo establecido en dicha Carta. La fuerza y la autonomía del movimiento nos obligan a luchar por un mundo justo, un mundo libre, un mundo decente y un mundo que cuide de todas sus creaciones. Seguimos convencidos de que la tierra y las riquezas de este mundo deben ser compartidas de manera justa y equitativa. Seguimos convencidos de que cada persona de este mundo tiene derecho a participar de todas las discusiones y decisiones relacionadas con su futuro. Para nosotros, el éxito depende de que seamos humildes, pero también consistentes en que nuestras creencias son justas y correctas. Debemos resistir a nuestros carceleros, ya sean del Estado, del partido o de la izquierda retrógrada, y ocupar nuestros lugares por igual en todas las discusiones y en todos los ámbitos.

Sabemos también que el gobierno sudafricano sigue interesado en dar una buena impresión a la comunidad internacional y que los atemoriza la vergüenza y el escándalo. Quieren mostrar al mundo la Ciudad del Fútbol y, al mismo tiempo, esconder otras realidades, como eTwatwa, Blikkiesdorp (“el pueblo de metal”, en afrikaans), la prisión de Westville, la guardia de los “Red Ants” y los incendios de los asentamientos en todo el país. Queremos agradecer a los activistas y organizaciones internacionales que han manifestado su preocupación por la represión de la que somos víctimas, incluidos todos aquellos que han organizado protestas contra las embajadas de Sudáfrica en sus respectivos países.

Esperamos que Sudáfrica se convierta algún día en uno de los países humanitarios del mundo. Esperamos que algún día nuestra sociedad sea un ejemplo a imitar y no a evitar. Los que conformamos Abahlali estamos comprometidos con estos objetivos. Pero, de momento, estamos condenados a un encarcelamiento perpetuo y a una lucha permanente contra quienes quieren mantenernos en la pobreza, contra quienes se creen con el poder de decirnos cuál es nuestro lugar y nos niegan un lugar en las ciudades y en las discusiones. Nos reconocemos como parte de la humanidad y sabemos del poder de nuestra lucha para lograr que los otros nos reconozcan como tales. Por lo tanto, nunca nos resignaremos al lugar en que nos han colocado y seguiremos nuestra lucha con la misma determinación de siempre.

Redactado por Zodwa Nsibande y S’bu Zikode -Abahlali baseMjondolo Movement SA.